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Incostituzionale la legge regionale che impone 15 anni di residenza per accedere agli asili nido

di Daniela Casciola

Il requisito della residenza protratta per 15 anni, richiesto dalla legge regionale del Veneto come titolo di precedenza per l'accesso agli asili nido, è incostituzionale.
Dopo aver bocciato nella sentenza n. 106 le condizioni di accesso alle case popolari troppo severe per i cittadini extracomunitari previste dalla Liguria (si veda il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 25 maggio), la Consulta continua su questi temi con la sentenza n. 107 depositata venerdì.

La norma e i rilievi
Più in dettaglio si tratta dell'articolo 1, comma 1, della legge della Regione Veneto 21 febbraio 2017 n. 6 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 23 aprile 1990, n. 32, «Disciplina degli interventi regionali per i servizi educativi alla prima infanzia: asili nido e servizi innovativi»), nella parte in cui ha modificato l'articolo 8, comma 4, della legge della Regione Veneto 23 aprile 1990 n. 32 (Disciplina degli interventi regionali per i servizi educativi alla prima infanzia: asili nido e servizi innovativi), introducendovi la lettera b).
La norma dispone, infatti: «4. Hanno titolo di precedenza per l'ammissione all'asilo nido nel seguente ordine di priorità: a) i bambini portatori di disabilità; b) i figli di genitori residenti in Veneto anche in modo non continuativo da almeno quindici anni o che prestino attività lavorativa in Veneto ininterrottamente da almeno quindici anni, compresi eventuali periodi intermedi di cassa integrazione, o di mobilità o di disoccupazione».
Quattro i profili di incostituzionalità presentati nel ricorso e tutti accolti. La norma impugnata è incostituzionale per violazione degli articoli della Costituzione:
a) articolo 3 della Costituzione, con riferimento sia al principio di uguaglianza sia a quello di ragionevolezza;
b) articolo 31, secondo comma, con riferimento alla tutela dell'infanzia;
c) articoli 16 e 120, primo comma, in quanto di ostacolo alla libertà di circolazione;
d) articolo 117, primo comma, per violazione delle norme europee in tema di libertà di circolazione, diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri e status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo.

La decisione
Il legislatore veneto aveva configurato come titolo preferenziale per l'iscrizione dei bambini al nido pubblico la residenza ininterrotta (o l'attività lavorativa, anche non continuativa) per 15 anni in Veneto. Questa previsione, secondo la Corte costituzionale, contrasta con il principio di uguaglianza, poiché introduce un criterio irragionevole per l'attribuzione del beneficio, non essendovi alcuna «ragionevole correlazione» tra la residenza prolungata in Veneto e le situazioni di bisogno o di disagio. La norma contrasta inoltre con la funzione educativa a vantaggio dei bambini dell'asilo nido e con quella socio-assistenziale a vantaggio dei genitori privi dei mezzi economici per pagare l'asilo privato.
Nella sentenza si legge, tra l'altro, che «la configurazione della residenza protratta come titolo di precedenza, anche rispetto alle famiglie economicamente deboli, si pone in frontale contrasto con la vocazione sociale degli asili nido», servizio che «risponde direttamente alla finalità di uguaglianza sostanziale fissata dall'articolo 3, secondo comma, della Costituzione, in quanto consente ai genitori (in particolare alle madri) privi di adeguati mezzi economici di svolgere un'attività lavorativa». Quanto poi alla funzione educativa del nido, la Corte ha osservato che è “ovviamente irragionevole ritenere che i figli di genitori radicati in Veneto da lungo tempo presentino un bisogno educativo maggiore degli altri».
I giudici costituzionali hanno infine richiamato la libertà di circolazione garantita dai Trattati e la giurisprudenza della Corte di giustizia Ue in tema di requisiti per l'accesso a prestazioni sociali erogate dagli Stati membri, sottolineando l'incoerenza dello scopo perseguito dalla norma impugnata e il carattere comunque sproporzionato della durata della residenza richiesta.

La sentenza della Corte costituzionale n. 107/2018

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