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Case popolari, la Consulta boccia la norma regionale che allunga i requisiti di residenza degli extracomunitari

di Daniela Casciola

È illegittima la norma della Regione Liguria che richiede per l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica ai cittadini extracomunitari la regolare residenza «da almeno dieci anni consecutivi nel territorio nazionale». Lo ha deciso la Corte costituzionale, con la sentenza n. 106, depositata oggi, bocciando nello specifico l'articolo 4, comma 1, della legge della Regione Liguria 6 giugno 2017 n. 13 che ha modificato la legge regionale 29 giugno 2004 n. 10 (Norme per l'assegnazione e la gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica e modifiche alla legge regionale 12 marzo 1998 e la legge regionale 3 dicembre 2007 n. 38 (organizzazione dell'intervento regionale nel settore abitativo).

La norma bocciata
I giudici hanno evidenziato un contrasto «non superabile» con il primo comma dell'articolo 117 della Carta costituzionale.
La legge regionale viola quanto stabilito dalla direttiva 2003/109/Ce che riconosce lo status di soggiornante di lungo periodo ai cittadini di paesi terzi che risiedano regolarmente in uno Stato membro da almeno cinque anni e prevede poi che i soggiornanti di lungo periodo siano equiparati ai cittadini dello Stato membro in cui si trovano ai fini, tra l'altro, del godimento dei servizi e prestazioni sociali tra i quali rientra l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica.
La direttiva è stata recepita nel nostro Paese con il Dlgs n. 3 del 2007, che ha modificato l'articolo 9 del Dlgs n. 286 del 1998, in senso conforme a quello indicato dalla direttiva. Per l'effetto, anche nell'ordinamento italiano, il cittadino di paese terzo, che sulla base di un permesso di soggiorno in corso di validità risieda nello Stato per almeno cinque anni, può acquistare, nel concorso degli altri requisiti di legge, lo status di soggiornante di lungo periodo (che gli viene riconosciuto dal questore mediante il rilascio di uno specifico permesso di soggiorno), ed acquista, con ciò, anche il diritto all'assegnazione degli alloggi di Erp in condizioni di parità con i cittadini.

Il radicamento territoriale
I giudici hanno riconosciuto che lo stesso articolo 9 del Dlgs n. 286 del 1998 contiene una espressa riserva di «diversamente disporre» in tema di accesso dei soggiornanti di lungo periodo alla procedura di ottenimento di alloggi di Erp e richiede, a tal fine, che «sia dimostrata l'effettiva residenza dello straniero sul territorio nazionale». In altre occasioni, la stessa Consulta ha affermato che le politiche sociali delle Regioni ben possono richiedere un radicamento territoriale continuativo e ulteriore rispetto alla sola residenza (sentenza n. 432 del 2005; ordinanza n. 32 del 2008) ma ciò sempreché un tale più incisivo radicamento territoriale, richiesto ai cittadini di paesi terzi ai fini dell'accesso alle prestazioni in questione, sia contenuto entro limiti non arbitrari e irragionevoli (sentenza n. 222 del 2013).

Il precedente della Valle d’Aosta
I giudici della Corte costituzionale richiamano anche una legge della Regione Valle d'Aosta rispetto alla quale hanno già avuto modo di affermare che «la previsione dell'obbligo di residenza da almeno otto anni nel territorio regionale, quale presupposto necessario per la stessa ammissione al beneficio dell'accesso all'edilizia residenziale pubblica (e non, quindi, come mera regola di preferenza), determina un'irragionevole discriminazione sia nei confronti dei cittadini dell'Unione, ai quali deve essere garantita la parità di trattamento rispetto ai cittadini degli Stati membri, sia nei confronti dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, i quali godono dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda anche l'accesso alla procedura per l'ottenimento di un alloggio» (sentenza n. 168 del 2014). Questa valutazione di irragionevolezza e di mancanza di proporzionalità – nella sentenza si parla di «una forma dissimulata di discriminazione nei confronti degli extracomunitari”- è applicabile per i giudici anche alla disposizione in esame, la quale – ai fini del diritto sociale all'abitazione che è diritto attinente alla dignità e alla vita di ogni persona e, quindi, anche dello straniero presente nel territorio dello Stato – richiede, per questi ultimi, un periodo di residenza ancor più elevato (dieci anni consecutivi) e ciò (diversamente dalla legge valdostana) senza neppure prevedere che la decennale residenza sia trascorsa nel territorio della Regione Liguria, facendo non coerentemente riferimento alla residenza nell'intero territorio nazionale.

La sentenza della Corte costituzionale n. 106/2018

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