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Il Tar sospende l’esclusione dall’asilo dei bambini non vaccinati

di Amedeo Di Filippo

Sospesa l'efficacia dell'atto col quale il Comune ha comunicato ai genitori il diniego di accesso del loro bambino al nido comunale in quanto non hanno presentato entro il 10 marzo la documentazione relativa alle vaccinazioni obbligatorie. È la decisione assunta dalla sezione di Brescia del Tar Lombardia col decreto presidenziale n. 112 del 14 marzo.

Il fatto
Il 12 marzo il Comune ha trasmesso ai genitori il diniego all'accesso del bambino al nido comunale, per violazione dell'articolo 3 del Dl 73/2017 e delle circolari del Miur e del ministero della salute del 27 febbraio, oltre che di quella della Regione Lombardia, contenenti le indicazioni operative per l'applicazione delle norme sulle vaccinazioni obbligatorie. La decisione è derivata dalla mancata presentazione entro il 10 marzo della documentazione rilasciata dall’Asl sulla richiesta richiesta delle vaccinazioni previste dalla legge o la documentazione attestante l'esonero. Il minore era stato iscritto al nido comunale e nel settembre 2017 i genitori avevano consegnato la richiesta inoltrata all'Asl per sostenere un colloquio sull’obbligo vaccinale.

La decisione del Tar
Il presidente della sezione di Brescia del Tar Lombardia raccoglie i timori dei genitori e adotta l'istanza cautelare provvisoria, sospendendo l'esecuzione del diniego di accesso al nido e rinviando alla Camera di Consiglio la trattazione dell'istanza in sede collegiale. La decisione si fonda sulle «ragioni del pregiudizio» rappresentate dall'impossibilità per il minore di frequentare l'asilo, dal quale viene escluso dopo otto mesi di frequenza e ad inserimento intervenuto dall'inizio dell'anno scolastico 2017.

Il contesto normativo
L'articolo 5 del Dl 73/2017 ha disposto che per l'anno scolastico 2017/2018 la documentazione sulle vaccinazioni obbligatorie deve essere presentata entro il 10 marzo. L'articolo 18-ter inserito in sede di conversione al Dl 148/2017 ha introdotto misure di semplificazione, rispetto alle quali il Miur, con nota n. 467 del 27 febbraio, ha segnalato che nelle Regioni dotate di anagrafi vaccinali i genitori non avrebbero dovuto presentare la documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie, perché i dirigenti scolastici e i responsabili dei servizi educativi per l'infanzia avrebbero dovuto inviare gli elenchi degli iscritti alle Asl; le Asl li avrebbero poi restituiti completandoli con le indicazioni circa lo stato vaccinale dei singoli iscritti. Entro il 20 marzo i dirigenti e responsabili avrebbero dovuto invitare per iscritto i genitori dei soli minori non in regola a depositare, entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione, la documentazione. Entro il 30 aprile è prevista la trasmissione dei documenti alle Asl. Nelle Regioni prive di anagrafi, la presentazione, entro il 10 marzo, della documentazione costituisce requisito per continuare a frequentare i servizi educativi e per l'infanzia e le scuole dell'infanzia, incluse quelle private non paritarie.

I punti critici
Che il decreto vaccini fosse destinato a scatenare un vespaio era apparso chiaro ancor prima della sua pubblicazione in Gazzetta. E non solo per la ben nota contesa con i «no vax» e con quanti – a cominciare dalla Regione Veneto, che però ha perso la disputa di fronte alla Corte costituzionale – avrebbero preferito la strategia della persuasione a quella della coercizione tramite decretazione d'urgenza. Arrivato nel bel mezzo dell'estate, già in sede di conversione il decreto è stato in parte edulcorato, rinviando il grosso degli adempimenti al fatidico 10 marzo. La misura dell’esclusione per i bambini delle famiglie inadempienti solleva però problemi importanti, in primo luogo perché – come messo in evidenza dal decreto presidenziale n. 112 che qui si segnala – l'esclusione a otto mesi dall’iscrizione e a inserimento avvenuto determina effetti deleteri per i bambini, per i quali è invece necessario garantire la «continuità didattica». A questo va aggiunta una certa confusione ingenerata dai ministeri: quello della Salute ha affermato, con una nota del 3 febbraio in risposta alla richiesta di chiarimenti dell'Anci, che dopo il 10 marzo viene «precluso l'accesso ai servizi educativi per l'infanzia e alle scuole dell'infanzia» ai minori i cui genitori non abbiano almeno presentato all'Asl la richiesta di effettuazione delle vaccinazioni e la relativa somministrazione sia stata fissata successivamente a questa data; il Miur lo ha sostanzialmente smentito con la nota del 27 febbraio, secondo cui nelle Regioni dotate di anagrafi vaccinali i genitori non avrebbero dovuto presentare nulla entro il 10 marzo, spostando le incombenze a carico di dirigenti scolastici e responsabili dei servizi. Fissando, peraltro, la prima scadenza – quella del 2 marzo, per inviare gli elenchi degli iscritti alle Asl – nello stesso giorno in cui la nota è stata concretamente ricevuta da dirigenti e responsabili dei servizi comunali e privati.

Il decreto cautelare 112/2018 del Tar Lombardia - Brescia

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