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Rischio idrogeologico, per Moody’s necessari 26 miliardi in 20 anni

di Alessandro Vitiello

Per mettere in sicurezza il territorio italiano da alluvioni e frane sono necessari almeno 26 miliardi nei prossimi vent’anni a livello regionale e locale, risorse per ora solo parzialmente disponibili.
Non contiene grandi novità o declassamenti di rating il rapporto pubblicato ieri Moody’s sul grave rischio idrogeologico in Italia ( Regional & Local Governments — Italy: Hydrogeological risks mitigated by central government support, but funding uncertain ), tuttavia l’analisi dall’agenzia londinese, che per la verità non fa altro che ripescare dati che si conoscono da decenni, ma che solitamente spuntano fuori solo all’indomani di un disastro natuturale, non è certo lusinghiera nei nostri confronti. E potrebbe avere conseguenze potenzialmente molto negative - vista l’eco a livello internazionale di cui gode Moody’s- sulla nostra già piuttoso claudicante economia, e in particolare su quella delle Regioni meno sviluppate, quelle meridionali. Si pensi all’immobiliare, al turismo, agli investimenti produttivi.
Ma è inutile recriminare, perché i dati utilizzati dagli autori (italiani) del rapporto, sono quelli forniti nel 2017 da ItaliaSicura, vale a dire dal nostro governo.

Risorse e investimenti locali
Dei 26 miliardi necessari, al momento solo 8 sono più o meno garantiti da fondi strutturali europei, risorse messe in campo dal governo di Roma e prestiti Bei. Ma se - tolti i mutui, che sono soldi in tasca - i primi sono abbastanza certi perché assicurati da un iter programmatorio pluriennale e strettamente sorvegliato da Bruxelles, sui fondi del governo centrale - spiega il rapporto - c’è incertezza. Perché l’allocazione delle risorse avviene annualmente e, facile aggiungere, la situazione politica tutt’altro che stabile non garantisce sempre fino in fondo sulla destinazione di queste.

La situazione a livello locale
I rigidi vincoli di bilancio che comprimono la capacità di spesa di Regioni e città italiane, inoltre, rendono queste fortemente dipendenti dalle scelte infrastrutturali del governo centrale. I cui eventuali ritardi nello stanziamento e nell’erogazione dei fondi «impedirebbero la realizzazione delle opere di prevenzione».
I rischi maggiori sono localizzati negli enti dell’Italia meridionale, i quali necessitano di maggiori investimenti. Le tre più grandi regioni del Mezzogiorno, Campania (Ba1 RUR-), Sicilia (Ba1 RUR-) e Puglia (Baa2 RUR-) hanno bisogno complessivamente di 10,3 miliardi di euro, pari al 40% del totale stimato per opere di prevenzione e mitigazione del dissesto idrogeologico.
Molise (Ba1 RUR-), Basilicata (Baa2 RUR-) e Abruzzo (Baa3 RUR-), invece, hanno i maggiori fabbisogni di investimento relativamente ai loro bilanci annuali, rispettivamente il 73%, 65% e 36%. Al contrario, Regioni come la Lombardia (Baa1 RUR-), e le Province Autonome di Bolzano (A3 RUR-) e Trento (A3 RUR-) dovranno sostenere investimenti molto più contenuti, tra l’1% e il 4% dei loro bilanci.

Il rapporto

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