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Strade, scale, piscine: il gestore non paga i danni da distrazione

Gli incidenti stradali provocati da “ostacoli” imprevisti, come la comparsa di un animale in carreggiata. Le cadute causate da buche nell’asfalto o da scarsa manutenzione in luoghi privati. O le “scivolate” sui pavimenti bagnati e non segnalati dei negozi o dei supermercati. Sono alcuni dei casi più frequenti in cui, negli ultimi anni, i giudici hanno riconosciuto la responsabilità dell’ente pubblico o del proprietario (o gestore) privato, condannandoli a risarcire i danni alle vittime.
Non si tratta di un risultato scontato, perché nelle valutazioni della giurisprudenza entra anche il comportamento (attento o no) del danneggiato.
Secondo la presunzione generale stabilita dall’articolo 2051 del Codice civile, la responsabilità per i danni provocati dalle insidie inavvistabili e non prevedibili ricade su chi (proprietario o gestore) ha il dominio sul bene e ha quindi l’onere di “custodirlo” in modo che non divenga pericoloso per le persone che vi accedono. In questo senso di parla di “responsabilità del custode” che, per liberarsi, è tenuto a provare il caso fortuito.

Il gestore ente pubblico
Il custode può essere tanto un ente pubblico (il Comune o la Provincia per le strade, ad esempio), quanto un ente privato ma gestore di aree di pubblico servizio (come una società autostradale) o anche una persona giuridica o fisica che abbia il controllo su un bene accessibile al pubblico (ad esempio, il proprietario di un supermercato o di una piscina).
Per quel che riguarda gli enti pubblici - che a vario titolo governano territori più o meno ampi - la giurisprudenza ritiene che l’obbligo di evitare che le strade rivestano un pericolo per chi vi accede concorre e si bilancia con l’obbligo per il cittadino (che sia un pedone oppure un guidatore) di prestare sempre la doverosa attenzione e prudenza nelle azioni della vita quotidiana.
Così la Corte di cassazione a più riprese ha sancito che «a fronte di un pericolo, l’utente della strada è tenuto a un uso prudente e secondo le cautele normalmente attese e prevedibili»: l’ostacolo va aggirato, «facendo quando possibile percorsi alternativi» (sentenza n. 2481/2018).
Il custode del bene può essere anche assolto dall’onere di renderlo immune da rischi se la situazione di pericolo nella quale sia incorso l’utente sia stata determinata da un evento imprevedibile e non evitabile, come nel caso di precipitazioni atmosferiche oggettivamente imprevedibili ed eccezionali: caratteristiche che vanno però accertate con un’indagine basata su dati sscientifici di tipo statistico (Cassazione, ordinanza n. 2482/2018).

I casi di incuria
Invece, nei casi in cui la situazione di pericolo sia determinata da incuria, o anche da ritardo nell’intervenire per rimuovere la situazione insidiosa, l’ente preposto alla sua custodia risponde per negligenza. Così, l’Anas, l’ente gestore delle strade, è stato ritenuto responsabile per i danni causati da un sinistro provocato dall’ingresso in carreggiata di una mucca, non tempestivamente allontanata (Cassazione, ordinanza n. 2477/2018).
È vero dunque che il riconoscimento della natura oggettiva del criterio di imputazione della responsabilità si fonda sul dovere di precauzione imposto al custode, chiamato a prevenire i danni che da essa possono derivare. Ma è anche vero che il contrapposto dovere di cautela in capo a chi entra in contatto con la cosa risponde a un principio di solidarietà (in base all’articolo 2 della Costituzione), che comporta la necessità di adottare condotte idonee a circoscrivere entro limiti di ragionevolezza gli aggravi per i terzi, in nome della reciprocità degli obblighi derivanti dalla convivenza civile.
Così, ad esempio, la Cassazione ha ritenuto prevalente la condotta imprudente di una bambina infortunata a causa della caduta in un burrone rispetto alla responsabilità da custodia del Comune, sul presupposto che causa di tale evento fosse stata l’imprudenza del danneggiato (Cassazione, ordinanza n. 2483/2018).
È nell’identificazione di questo punto di equilibrio che la giurisprudenza è chiamata ogni volta a valutare il conflitto tra custode e danneggiato e la controversia che ne deriva: determinare quanto sia da un lato imprevedibile e inevitabile l’insidia e quanto, dall’altro, la stessa fosse comunque avvertibile per tempo e quindi evitabile da una persona che, transitando, avesse adottato l’opportuna e attenta diligenza e prudenza. Dal contemperamento di questi opposti comportamenti discende la regolazione della responsabilità del custode e il diritto dell’infortunato di vedersi risarcito un danno (alla sua persona o alle cose) ingiustamente subito.

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