Amministratori

Legittima l'offerta che riporta un utile complessivo modesto (ma non pari a zero)

di Ilenia Filippetti

Nei contratti d'appalto anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo per il concorrente, sia per la prosecuzione in sé dell'attività lavorativa, sia per la qualificazione, per la pubblicità e per il curriculum derivanti per l'impresa dall'essere aggiudicataria e aver portato a termine un contratto pubblico. Questo è il principio affermato dal Consiglio di Stato con la pronuncia n. 1278/2018.

Il caso
La Stazione unica appaltante della regione Calabria aggiudica in via definitiva l’appalto per il servizio di pulizia dell’Ospedale civile di Crotone. L’impresa seconda graduata impugna l’aggiudicazione censurando, in particolare, le valutazioni compiute dalla stazione appaltante in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta.
Con la decisione in rassegna il Consiglio di Stato dichiara infondato il ricorso.
La società ricorrente censurava che l’omessa indicazione dell’utile - elemento da ritenersi necessario in quanto connaturale allo svolgimento di un’attività economica - avrebbe dimostrato l’inattendibilità del giudizio di congruità dell’offerta reso dalla stazione appaltante anche facendo applicazione della prova di resistenza: l’utile pari a zero o l’offerta in perdita, infatti, renderebbero ex sé inattendibile l’offerta e, nel caso di specie, l'utile non sarebbe stato desumibile nemmeno scomputando i costi evidenziati dal quantum complessivamente ricavabile in termini di corrispettivo.

La decisione
Per il Consiglio di Stato, al contrario, sulla base dei principi costantemente affermati dalla giurisprudenza amministrativa, la valutazione di congruità dell’offerta anomala consiste in un procedimento il cui esito è rimesso alla discrezionalità tecnica della stazione appaltante: la valutazione deve essere globale e sintetica, senza concentrarsi esclusivamente ed in modo parcellizzato sulle singole voci, poiché l'obiettivo dell'indagine è l'accertamento dell'affidabilità dell’offerta nel suo complesso e non già delle singole voci che la compongono (vengono richiamate, sul punto, le pronunce rese dall'Adunanza plenaria n. 36/2012, nonché da Consiglio di Stato n. 3314/2013, n. 7262/2010, n. 1414/2010, n. 1633/2013 e n. 710/2012).
Ciò che interessa ai fini dello svolgimento del giudizio sulla valutazione dell’anomalia è costituito dall’accertamento della serietà dell’offerta desumibile dalle giustificazioni fornite dalla concorrente e la valutazione sulla congruità reso dalla stazione appaltante, valutazione che, in quanto espressione di discrezionalità tecnica, è sindacabile solo in caso di macroscopica illogicità o irragionevolezza, erroneità fattuale o difetto di istruttoria che rendano palese l'inattendibilità complessiva dell’offerta. Il Giudice amministrativo, infatti, non può operare autonomamente una verifica delle singole voci dell’offerta, sovrapponendo così la sua idea tecnica al giudizio - che non sia erroneo né illogico - formulato dall'organo amministrativo al quale la legge attribuisce la tutela dell'interesse pubblico nell'apprezzamento del caso concreto poiché, così facendo, il Giudice invaderebbe una sfera propria della Pa.
Il Consiglio di Stato aggiunge che, al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l'offerta deve essere considerata anomala, poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell'attività lavorativa, sia per la qualificazione, per la pubblicità e per il curriculum derivanti per l'impresa dall'essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico.
Nel caso di specie, l'impresa ricorrente aveva evidenziato la mancanza, nell'offerta dell'aggiudicatario, di alcune voci di costo, sottolineando la sostanziale mancanza di utile, a dimostrazione dell’incongruità dell’offerta: per il Consiglio di Stato, al contrario, l’offerta economica era stata presentata fornendo tutti gli elementi indispensabili di cui al disciplinare di gara e, in sede di giustificazioni, l’aggiudicataria aveva precisato – a margine della tabella riassuntiva dei costi del personale – un differenziale di costo, rispetto al valore prudenziale indicato in offerta, con la conseguente configurabilità di un oggettivo, seppur modesto, margine operativo.

Conclusioni
Ne consegue che le doglianze svolte in merito alla carenza o l’incongruità di talune voci di costo non potevano incidere sulla correttezza del giudizio di congruità reso dall’Amministrazione, tenuto conto che la valutazione era stata formulata in maniera complessiva.

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