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«Sì» al vincolo archeologico sui terreni circostanti la zona del ritrovamento dei reperti

di Alessandro V. De Silva Vitolo

Il ritrovamento di resti di insediamenti di epoche passate in una determinata area rende probabile la presenza di altri resti nelle immediate vicinanze; di tal che, nell’ottica di una valutazione unitaria del complesso archeologico, è legittima l’apposizione del vincolo archeologico non solo sui terreni in cui i reperti archeologici sono stati esattamente ritrovati, ma anche su tutta la zona circostante coincidente con la presunta area d’estensione dell’insediamento. È quanto afferma il Consiglio di Stato con la sentenza n. 347 /2018.

Il caso
La vicenda trae origine da un decreto di imposizione di vincolo archeologico, proposto dalla competente Soprintendenza, su un’area adibita a cava di proprietà di una società privata, a seguito di una campagna di scavi ivi intrapresa. La società, dolendosi della sovrabbondante perimetrazione dell’area dichiarata di interesse culturale, ha provveduto a proporre dapprima ricorso al Tar e, successivamente, ha interposto appello dinanzi al Consiglio di Stato.
Nel respingere il gravame proposto, il Collegio ha affermato che la dimostrazione circa l’esistenza di beni da sottoporre a tutela vincolistica archeologica può essere data anche mediante l’utilizzo di presunzioni, non essendo rilevante che i materiali da tutelare siano già stati portati alla luce o ancora interrati. Infatti, l’apposizione del vincolo archeologico, misura di tutela di un’area abitata nell’antichità nel suo complesso, risulta legittimo anche quando il perimetro dell’area non sia esattamente delimitato, ad esempio da una antica cinta muraria (come nel caso de quo).
Invero, a detta del Collegio, le esigenze di tutela riguardano la totalità dell’area destinata nell’antichità all’insediamento umano, atteso che il ritrovamento di resti di insediamenti di epoche passate in una determinata area rende probabile la presenza di altri resti nelle immediate vicinanze.
Pertanto, risulta legittimo il provvedimento che vincola, non solo i terreni in cui i reperti archeologici son stati esattamente stati ritrovati, ma altresì tutta la zona circostante e che coincida con la presunta area d’estensione dell’insediamento.

L’approfondimento
Il Dlgs 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), ha come fine la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale, al fine di preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio, nonché di promuovere lo sviluppo della cultura; ciò in attuazione dell’articolo 9 della Costituzione, per il quale la Repubblica tutela e valorizza il patrimonio culturale, in coerenza con le attribuzioni di cui all’articolo 117 della Costituzione.
Ai sensi dell’articolo 2, il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici. I beni culturali sono costituiti da cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà. Diversamente, risultano essere beni paesaggistici gli immobili e le aree costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge.
Quanto al procedimento di apposizione del vincolo archeologico, dopo la modifica al Codice dei beni culturali apportata dal Dlgs 26 marzo 2008, n. 63, deve notarsi come la proposta di perimetrazione deve essere pubblicata per novanta giorni all’Albo pretorio e depositata a disposizione del pubblico presso gli uffici dei Comuni interessati, nonché deve essere data notizia su almeno due quotidiani diffusi nella Regione interessata, su un quotidiano a diffusione nazionale e sui siti informatici della Regione e degli altri Enti pubblici territoriali nel cui ambito ricadono gli immobili o le aree da assoggettare a tutela. Dal giorno di pubblicazione decorrono le misure di salvaguardia e di dialogo con l’Amministrazione procedente, ex articolo 146, comma 1, del Codice. Sarà il Ministero, dunque, all’esito della valutazione di eventuali osservazioni presentate entro trenta giorni dalla scadenza dei termini per la pubblicazione all’Albo pretorio, e sentito il competente Comitato tecnico-scientifico, ad adottare, con decreto, il provvedimento di perimetrazione.

La decisione
Come visto, il Dlgs 22 gennaio 2004, n. 42, disciplina il procedimento amministrativo per dichiarare l’interesse culturale (nella specie, sotto il profilo archeologico) di beni specificamente indicati, oltre ai poteri di vigilanza e controllo del Ministero competente e le modalità di protezione diretta dei beni stessi.
Il Collegio, riprendendo i principi della consolidata giurisprudenza amministrativa sul punto ha rilevato come, ai fini della tutela vincolistica archeologica, l’effettiva esistenza delle cose da tutelare può esser dimostrata anche per presunzioni, essendo a tal scopo non rilevante che i materiali da tutelare siano stati già portati alla luce o siano ancora interrati. A tal riguardo, infatti, basta che il complesso delle aree archeologiche risulti adeguatamente definito e che la misura adottata col vincolo appaia rebus sic stantibus ed alla luce delle risultanze ottenute, plausibile sotto l’aspetto scientifico ed adeguata alla finalità di pubblico interesse cui il vincolo è preordinato.
A detta del Consiglio di Stato, la misura disposta con il vincolo archeologico, quale misura di tutela di un’area abitata nell’antichità nel suo complesso, risulta congrua, e quindi non sproporzionata, anche quando l’area non sia delimitata da una antica cinta muraria. Infatti, le esigenze di salvaguardia hanno per oggetto non solo l’«agglomerato» di reperti in sé o solo se addossati gli uni agli altri, ma tutta la complessiva superficie destinata all’insediamento umano.

Conclusioni
Su tale scorta il Collegio ha, dunque, ribadito il principio per cui il ritrovamento di resti di insediamenti di epoche passate in una determinata area rende probabile la presenza di altri resti nelle immediate vicinanze (si veda la pronuncia del Consiglio di Stato, 2 marzo 2015, n. 1000).
È, pertanto, legittimo, sotto il profilo tecnico e scientifico, il provvedimento con cui la Pa vincola non solo i terreni in cui i reperti archeologici sono stati esattamente ritrovati, ma pure tutta la zona circostante e che coincida con la presunta area d’estensione dell’insediamento.

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