Amministratori

Vincolo di interesse storico e artistico anche sil bene abbandonato

di Domenico Carola

I giudici della VI sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 5950/2017 hanno ritenuto che lo stato di abbandono di un bene di per sé non osta alla dichiarazione di interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico, potendo un manufatto in condizione di degrado ben costituire oggetto di tutela storico-artistica, sia per i valori che ancora presenta, sia per evitarne l'ulteriore decadimento.

Il caso
Il Comune di Santa Maria Capua Vetere aveva impugnato il decreto del direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania che dichiarava di interesse storico-artistico il complesso edilizio cosiddetto «ex lampadine» di proprietà dello stesso Comune. Il Comune ricorrente premetteva che l'immobile aveva ricevuto un finanziamento regionale per la realizzazione della nuova sede del «Centro Operativo Misto» della Protezione Civile locale. Poiché il complesso edilizio presentava delle carenze strutturali, i tecnici proponevano la realizzazione di un intervento di adeguamento sismico dell'immobile con la demolizione e ricostruzione dello stesso, risultando antieconomica la ristrutturazione di quello che era un vero e proprio rudere. L'amministrazione quindi richiedeva alla direzione regionale Beni Culturali e Paesaggistici la verifica dell'interesse culturale dell'immobile da abbattere e ricostruire, trattandosi di costruzione superiore ai 50 anni e la Direzione Regionale, pur non avendo acquisito la percezione in via diretta dello stato interno del fabbricato, emetteva il decreto con cui dichiarava l'interesse storico artistico dell'immobile. Il Tar della Campania ha accolto il ricorso e annullato il decreto, rilevandone il difetto di motivazione. Il ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo ha proposto ricorso.

La decisione
I giudici del Consiglio di Stato ritengono infondato l'appello in base al Dlgs 22 gennaio 2004 n. 42 secondo cui: «Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico». In linea di diritto, il giudizio che presiede all'imposizione di una dichiarazione di interesse (vincolo) culturale è connotato da un'ampia discrezionalità tecnico-valutativa, poiché implica l'applicazione di cognizioni tecniche specialistiche proprie di settori scientifici disciplinari della storia, dell'arte e dell'architettura, caratterizzati da ampi margini di opinabilità. L'apprezzamento compiuto dall'Amministrazione preposta alla tutela è quindi sindacabile, in sede giudiziale, esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, considerati anche per l'aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, ma fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche, sicché, in sede di giurisdizione di legittimità, può essere censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell'ambito di opinabilità, affinché il sindacato giudiziale non divenga sostitutivo di quello dell'Amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 5950/2017

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©