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Rifiuti, l’emergenza da Roma alla Sicilia diventa «arma» politica

Dall’Alta Italia alla Sicilia, la spazzatura entra nella campagna elettorale. Per settimane le fotografie dell’immondizia sulle vie di Roma hanno lordato i social mentre la Sicilia ne sta facendo un elemento della politica del nuovo presidente Nello Musumeci, ma si moltiplica l’uso dei rifiuti come arma politica.
Musumeci ieri ha chiesto la dichiarazione di emergenza rifiuti, in modo da avere i poteri per risolvere i problemi della regione più arretrata d’Italia in fatto di riciclo (bassissimo) e di discariche (sfruttatissime e quasi piene).
Il caso dei sacchetti ultraleggeri di plastica con cui nei supermercati si pesano e si prezzano i prodotti sfusi come pane e ortaggi è un altro esempio di cronaca usato come leva contro il Pd che in estate aveva spinto la legge che ne impone la biodegradabilità e un modesto pagamento alla cassa del punto vendita.
Nel frattempo il sindaco di Bari Antonio Decaro ha lanciato un fotosafari a caccia degli sporcaccioni che abbandonano la spazzatura sulla strada.

L’emergenza Roma
Tra Natale e Capodanno ha avuto risonanza l’emergenza dei rifiuti di Roma e l’ipotesi di smaltirne l’immondizia a Parma e in altre città emiliane. Il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, fu eletto la prima volta nel 2012 come rappresentante del Movimento Cinque Stelle per la sua forte campagna contro l’inceneritore. L’impianto, poi avviato, poi è stato usato e il sindaco è stato espulso dal Movimento. Quello stesso inceneritore vituperatissimo potrà essere il «salvagente» per togliere Virginia Raggi dall’impiccio della spazzatura di Roma.
Stefano Bonaccini e la Regione Emilia-Romagna hanno messo a disposizione di Roma gli impianti di Parma, Modena e Granarolo (Bologna), delle società Iren e Hera, per distruggere per un mese e mezzo 15mila tonnellate quotidiane (5mila per impianto) di rifiuti indifferenziati provenienti dalla Capitale.
I costi e le modalità di pagamento vengono pattuiti tra i gestori degli impianti di partenza e di arrivo dei rifiuti, in linea con i costi emiliano-romagnoli. Inoltre Roma dovrebbe pagare per il servizio aggiuntivo di export la cosiddetta “quota verde” per il disturbo alle amministrazioni coinvolte nell’operazione: in tutto 300mila euro, 20 euro a tonnellata smaltita.
Diversi politici romani hanno accusato l’Emilia-Romagna di dare aiuto in cambio di denaro sonante. Ha replicato il sindaco di Parma, Pizzarotti: «Sui rifiuti serve un progetto di livello nazionale. Si deve penalizzare chi fa male in questo campo, perché spesso con la scusa dell’emergenza c’è chi non adegua tutta la propria filiera, e serve invece un incentivo a chi invece si dota di un sistema che funziona tutto l’anno e che spesso fa, con non poca difficoltà, una corretta raccolta differenziata».

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