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Alcoltest, valido l'accertamento effettuato dopo più di un'ora

di Daniela Dattola

In presenza di un accertamento strumentale del tasso alcolemico conforme alla previsione normativa grava sull'imputato l'onere di dimostrare le circostanze in grado di privare il riscontro di valenza dimostrativa della sussistenza del reato. A tal fine non è sufficiente invocare il solo intervallo temporale intercorrente tra l'ultimo atto di guida e l'espletamento dell'accertamento.
Così ha deciso la Corte di cassazione, sezione IV penale, sentenza n. 50973/2017.

Il caso
Il conducente di un veicolo ha proposto ricorso in cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appello che, riformando la decisione di primo grado, lo aveva ritenuto colpevole del reato previsto all'articolo 186 del Codice della strada. Egli rilevava che l'accertamento del tasso alcolemico era stato effettuato con due distinte misurazioni, la prima a distanza di 1 ora e 17 minuti, la seconda ad 1 ora e 27 minuti dal momento della guida, con risultati rispettivamente di 0,88 g/l e 0,89 g/l. Inoltre, la consulenza medico-legale acquisita dal Giudice di prime cure avrebbe dimostrato che:
• al momento del sinistro la concentrazione di alcool nel sangue non aveva superato il valore soglia di 0,8 g/l;
• al momento della misurazione ci si trovava ancora nella fase ascendente di assorbimento dell'alcool e, quindi, “andando a ritroso al momento della guida, il valore alcolemico era sicuramente inferiore e al di sotto del valore soglia di 0,8 g/l”.
A conferma di ciò, il ricorrente proponeva le argomentazioni contenute nella decisione assolutoria del Giudice delle Indagini preliminari, secondo la quale sussiste “il ragionevole dubbio che durante la guida del mezzo, il ricorrente, pur avendo assunto bevande alcoliche, non avesse nel sangue una concentrazione alcolica superiore a 0,8 g/l ”.

Il decorso del tempo durante l'accertamento
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso rilevando che il decorso di alcune ore tra la condotta di guida e l'esecuzione del test:
• è inevitabile e non incide sulla validità del rilevamento alcolemico;
• rende necessario verificare la presenza di altri elementi indiziari; tale affermazione, però, “non va intesa come indicatrice di una sorta di aritmetica delle prove … come se, dato un accertamento strumentale a distanza di un tempo non breve dall'atto di guida … fosse necessario aggiungere elementi indiziari per ottenere il risultato di prova sufficiente dell'accusa”.

La distribuzione degli oneri probatori tra le parti
Gli Ermellini precisano che l'accusa deve fornire la prova di tutti gli elementi essenziali per la configurazione dell'illecito, ma che la stessa è già data “dall'esito di un accertamento strumentale che replichi le cadenze e le modalità previste dal Codice della strada e dal relativo regolamento”. La presenza di elementi in grado di compromettere la valenza dimostrativa dell'accertamento “non può che concretizzarsi ad opera dell'imputato, al quale compete di dare la dimostrazione dell'insussistenza dei presupposti del fatto tipico”.

Conclusioni
La Suprema Corte, infine, ha ritenuto che:
• l'esecuzione delle due prove mediante etilometro è stata regolare;
• i risultati dell'alcoltest non possono essere letti “con la lente delle variabili soggettive nelle tempistiche d'assorbimento dell'alcool”;
• la cosiddetta curva alcolimetrica “non può essere predicata in astratto o sulla base di meri indici di verosimiglianza, perché va puntualmente e concretamente dimostrato che il tasso esibito dalla misurazione strumentale eseguita a distanza di tempo non rappresenta la condizione organica del momento in cui si era ancora alla guida”. Nel caso in esame, pertanto, non può essere accolta una prova a discarico “basata solo su valutazioni teorico-scientifiche che sono espressione della soggettiva dinamica metabolica della curva alcolemica rispetto al momento di assunzione dell'alcool, tanto più in assenza di adeguati riferimenti al momento esatto di tale assunzione”.

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