Amministratori

Malfunzionamento del semaforo: l'onere della prova spetta al conducente, non al Comune

di Daniela Dattola

È onere di chi propone opposizione alla sanzione amministrativa per attraversamento con impianto semaforico rosso dimostrare in concreto sotto quale profilo l'apparecchiatura fotografica utilizzata non è conforme ai requisiti di installazione o di funzionamento previsti nel decreto di omologazione, nonché l'errato posizionamento ed ubicazione della stessa.
Così ha disposto la Corte di cassazione, sezione VI civile, sottosezione 2, con l'ordinanza n. 25026/2017.

Il passaggio col rosso e la sua rilevazione
L'articolo 146 comma 3 del decreto legislativo n. 285 del 30 aprile 1992 stabilisce che “il conducente del veicolo che prosegue la marcia, nonostante che le segnalazioni del semaforo o dell'agente del traffico vietino la marcia stessa, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 162 a euro 646”.
Il successivo articolo 201 del Codice della Strada precisa che nel caso di attraversamento di un incrocio con il semaforo indicante la luce rossa:
• la contestazione immediata non è necessaria (comma 1-bis lettera b);
• non è necessaria la presenza degli organi di polizia stradale qualora l'accertamento avvenga mediante rilievo con dispositivi o apparecchiature che sono stati omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente automatico (comma 1–ter).
Dalla lettura della norma si deduce che “i documentatori fotografici delle infrazioni commesse alle intersezioni regolate da semaforo ove omologati ed utilizzati nel rispetto delle prescrizioni riguardanti le modalità di installazione e di ripresa delle infrazioni, sono divenuti idonei a funzionare anche in modalità completamente automatica, senza la presenza degli agenti di polizia” (Corte di cassazione, sezione II civile, sentenza n. 21605 del 19 ottobre 2011).

Il caso
Il Tribunale aveva annullato il verbale di accertamento relativo alla violazione di cui all'articolo 146 comma 3 del Codice della strada, ritenendo che, con riguardo al dispositivo utilizzato per il rilevamento, il Comune non avesse adeguatamente dimostrato in giudizio l'osservanza delle disposizioni per il montaggio dell'apparecchiatura, le modalità di posizionamento e l'ubicazione esatta della stessa. Il Comune ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza lamentando la violazione e la falsa applicazione delle norme sull'onere della prova di cui all'articolo 2697 del Codice civile.

La decisione
La Suprema Corte ha accolto la doglianza del ricorrente ritenendo errata la decisione del giudice d'appello nella parte in cui ha ritenuto che l'Amministrazione fosse gravata da un onere probatorio che la normativa invece non richiede. L'elemento costitutivo della pretesa sanzionatoria, infatti, è la documentazione fotografica dell'infrazione, rilevata con apparecchiatura fotografica omologata. Al contrario, “è onere di chi propone opposizione alla sanzione indicare in concreto sotto quale profilo l'apparecchiatura utilizzata non sarebbe conforme ai requisiti, di installazione o di funzionamento, previsti nel decreto di omologazione e come le eventuali mancanze possano aver inciso sulla rilevazione”.

Con seguenze per le Amministrazioni
La sentenza commentata sancisce un principio di diritto molto utile per gli organi accertatori di polizia stradale, in virtù del quale l'onere della prova sull'eventuale malfunzionamento dell'apparecchio automatico di rilevazione delle infrazioni stradali spetta a chi lo invoca. Ben potranno infatti i rappresentanti delle Amministrazioni accertanti le violazioni utilizzarlo già a partire dal loro primo atto difensivo successivo alla ricezione della memoria difensiva o del ricorso in opposizione al Giudice di pace, quale la comparsa di costituzione e risposta.

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