Amministratori

Arresto per spaccio, illegittima la revoca del permesso di soggiorno

di Francesco Machina Grifeo

È illegittima la revoca del permesso di soggiorno di lungo periodo per lo straniero arrestato in flagranza per spaccio di sostanze stupefacenti. Il semplice arresto infatti non è un elemento di valutazione ai fini di una prognosi di pericolosità sociale che può seguire unicamente ad una condanna, anche non definitiva. Lo ha stabilito il Tar Lazio, Sezione di Latina con la sentenza n. 324 del 23 maggio 2017, accogliendo il ricorso di un cittadino di origine albanese.

La vicenda
Il Prefetto di Frosinone invece aveva respinto il ricorso gerarchico contro il provvedimento del Questore di revoca della carta di soggiorno «sostanzialmente» basato sul fatto che il ricorrente «è stato arrestato in flagranza di reato per violazione delle norme sugli stupefacenti, e sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere; che non ha partecipato al procedimento amministrativo; che risulta di mediocre condotta morale e civile; che non è stata rilevata una particolare situazione familiare». Nel motivare il provvedimento il Questore ha richiamato la nozione di «pericolosità sociale» (ex articolo 1 legge n. 1423/1956 come sostituito dall'articolo 2 della legge n. 327/1988).
Il ricorrente, per parte sua, ha lamentato di aver sempre lavorato nel corso del suo soggiorno in Italia, iniziato oltre 10 anni prima, di avere acquistato una casa, di avere una famiglia. E che trattandosi di un provvedimento di revoca, l'amministrazione doveva valutare se egli «costituiva una minaccia per l'ordine pubblico e per la sicurezza dello Stato» con una motivazione che facesse riferimento «alla durata della permanenza nello Stato, all'inserimento sociale, familiare e lavorativo, escludendo ogni automatismo in relazione a condanne penali». Al contrario, il Ministero, costituitosi in giudizio, ha sostenuto l'infondatezza del ricorso in quanto il reato relativo alla violazione di norme sugli stupefacenti «è previsto come ostativo al rilascio del permesso di soggiorno, ed il permesso di soggiorno può essere revocato se lo straniero non possiede i requisiti per l'ingresso; la valutazione di pericolosità sociale è ampiamente discrezionale».

La decisione
Il Collegio ha accolto il ricorso evidenziando, per prima cosa, come l'articolo 9 comma 4 del Dlgs n. 286/98, che disciplina il permesso di soggiorno di lungo periodo, preveda, tra gli elementi di valutazione della pericolosità sociale dello straniero, eventuali condanne, anche non definitive, per reati per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza (articolo 380 cpp) nonché, limitatamente ai delitti non colposi, l'arresto facoltativo sempre in flagranza (articolo 381 cpp). Ma, prosegue la sentenza, «nel caso in esame né la questura né la prefettura fanno riferimento a sentenze di condanna (anche non definitive) in quanto il fatto riportato nei provvedimenti è costituito dall'arresto in flagranza di reato». Inoltre, come dedotto dal ricorrente, «la norma esclude ogni automatismo derivante da eventuali condanne penali, essendo necessaria una valutazione complessiva di più elementi». Non solo, l'Autorità «deve prendere in considerazione anche la durata del soggiorno nel territorio nazionale, nonché l'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero».
Sotto questo profilo, invece, prosegue la sentenza, «si leggono solo frasi stereotipe» mentre dagli atti risulta che il ricorrente ha lavorato in Italia per un periodo di circa dieci anni, dimostrando un adeguato inserimento lavorativo, ha acquistato un appartamento nel 2010, ed ha prodotto uno stato di famiglia dal quale risulta coniugato e con una figlia minore «dimostrando la sussistenza di presupposti familiari tali, soprattutto per l'assistenza alla figlia minore, da far propendere per una valutazione positiva circa la permanenza sul territorio nazionale».

La sentenza del Tar Lazio n. 324/2017

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