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Omicidio stradale, conducente responsabile anche se la velocità è adeguata

di Daniela Dattola

Il conducente di un veicolo in prossimità degli attraversamenti pedonali ha l'obbligo di osservare la massima prudenza e mantenere una velocità particolarmente moderata, in modo da consentire l'esercizio del diritto di precedenza del pedone che attraversa la strada sulle strisce pedonali o in prossimità di esse. Anche fermandosi, quando i pedoni tardino a spostarsi o diano segni di incertezza. L'articolo 141 comma 4 del codice della strada, infatti, disciplinando il comportamento negli attraversamenti pedonali impone un alto livello di prudenza che prenda in considerazione non solo le eventuali imprudenze altrui, ma anche le loro incertezze.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sezione IV penale, con la sentenza n. 15176 del 27 marzo 2017.

Il caso
Un anziano, investito da un autocarro sulle strisce pedonali, è deceduto a seguito delle lesioni riportate. Il conducente del mezzo, ritenuto responsabile in entrambi i gradi di giudizio per il reato di omicidio colposo stradale, ricorreva in Cassazione lamentando l'illogicità e l'apparenza della motivazione.

Il livello di attenzione del guidatore
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso rilevando che l'azione di condurre un veicolo è di per sé pericolosa e comporta un alto livello di prudenza. Il livello di attenzione del guidatore dev'essere così elevato al punto da obbligarlo non solo a ridurre la velocità in prossimità dei passaggi pedonali, ma anche ad arrestarla laddove i pedoni mostrino incertezza o tardino nell'attraversamento o non via sia chiara visibilità. Ciò comporta l'irrilevanza della velocità non eccessiva o comunque consona allo stato dei luoghi del veicolo investitore, posto che il conducente, nel caso in esame, avrebbe dovuto arrestare la marcia per assicurarsi l'assenza di pedoni sulla strada. In particolar modo, avrebbe dovuto tener conto del fatto che si trattava di un autocarro lungo più di nove metri la cui marcia non può essere arrestata in maniera improvvisa ed immediata, stante la sua massa.
Per ammissione dello stesso conducente, inoltre, la strada era caratterizzata da un'alta densità di traffico e dal posto di guida non era possibile avere una visione completa e sicura del passaggio pedonale, esistendo un punto cosiddetto «morto» non visibile neppure guardando negli specchi retrovisori. Elementi che avrebbero imposto al medesimo di fermarsi, a nulla rilevando, ai fini dell'esclusione della responsabilità per la morte del pedone (il quale, peraltro, al momento dell'impatto, si trovava già a metà della carreggiata), la «velocità consona allo stato dei luoghi».

Il pedone, utente debole della strada
La sentenza conferma quanto già costantemente stabilito dalla giurisprudenza di merito sulla t utela massima che, in caso di sinistro stradale, dev'essere accordata al pedone quale utente debole della strada rispetto al conducente di qualsivoglia veicolo.
Anche in casi in cui il pedone abbia serbato un comportamento di molto meno osservante delle regole codicistiche sulla sicurezza stradale rispetto a quello della fattispecie esaminata dalla Suprema Corte di legittimità . Ossia:
• anche in caso di attraversamento di un incrocio di corsa e con il semaforo rosso che, pur costituendo di per sé evento astrattamente imprevedibile e implausibile, può costituire un evento in concreto rilevante per escludere il nesso di causalità tra condotta ed evento se il conducente ha la possibilità concreta di avvistare il pedone ad una distanza sufficiente per evitare l'investimento e tenendo una velocità adeguata alla situazione ed alle condizioni della strada (Tribunale di Bergamo, sentenza del 22 settembre 2004);
• anche quando il pedone attraversi la carreggiata in assenza delle strisce pedonali omettendo di dare la precedenza ai veicoli che sopraggiungono ed iniziando l'attraversamento senza la dovuta attenzione (Corte d'appello di Potenza, sentenza del 14 maggio 2008).

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