Amministratori

Rifiuti, definiti criteri e procedure per il compostaggio di comunità

di Carla Cimoroni

Era atteso da oltre un anno ed entrerà in vigore il 10 marzo prossimo il decreto attuativo  con i criteri operativi e le procedure autorizzative per il compostaggio di comunità previsto dall’articolo 38 della legge 221/2015 (legge green economy).

Il decreto
Con il Dm 266/2016 (Gazzetta Ufficiale del 23 febbraio 2017 n. 45) viene così colmato un vuoto normativo nel campo delle attività di trattamento dei rifiuti biodegradabili che negli ultimi anni ha accolto, da un lato, l’estensione delle pratiche di autocompostaggio anche alle utenze non domestiche - con il vantaggio, per queste ultime, di poter accedere ad eventuali sconti tariffari - dall’altro, la semplificazione autorizzativa  per gli impianti con capacità di trattamento inferiore a 80 tonnellate annue eserciti da un gestore unico in ambito comunale, tipicamente l’azienda incaricata per l’igiene urbana - e non quindi collettivamente. Restavano dunque da disciplinare tutte quelle attività che prevedono una gestione collettiva dei rifiuti biodegradabili, in modo da promuovere il valore partecipativo della pratica e la consapevolezza delle singole utenze, anche agevolandone l’iter procedurale, stante comunque la necessità di individuare un responsabile dell’attività per gli aspetti formali e, da un punto di vista tecnico, un garante del buon funzionamento della procedura.

Cosa prevede il nuovo decreto?
Il nuovo decreto disciplina le attività di compostaggio di comunità di quantità di rifiuti biodegradabili non superiori a 130 tonnellate annue intraprese da un organismo collettivo - formato da due o più utenze domestiche o non domestiche  costituite  in  condominio,  associazione,  consorzio, società o in qualsiasi altra forma associativa di  diritto  privato - al fine dell'utilizzo del  compost  prodotto  da parte delle utenze conferenti.

Procedura

Per avviare l'attività, il responsabile dell'organismo invia al Comune una segnalazione certificata di inizio attività con l’elenco e la descrizione delle utenze coinvolte, le informazioni tecniche su tipologia e capacità dell’apparecchiatura utilizzata, nonché il piano di utilizzo del compost prodotto, in termini di quantità e aree di destinazione.
Inoltre, tranne che per le attività di capacità inferiore a 1 tonnellata annua, è necessario individuare un conduttore, che dovrà essere indicato nella SCIA.

Apparecchiature
Le apparecchiature previste, da collocare al massimo entro un chilometro di distanza dalle utenze conferenti, sono classificate a seconda della capacità di trattamento in 3 taglie: piccola (T1), fino a 10 tonnellate annue; media (T2), fino a 60 tonnellate annue; grande (T3), fino a 130 tonnellate annue. Possono essere compostiere statiche, in cui l'aerazione avviene in modo naturale, oppure di tipo elettromeccanico. In questo ultimo caso, le emissioni devono essere trattate mediante biofiltro prima del rilascio in atmosfera; sono comunque considerate “scarsamente rilevanti agli effetti dell'inquinamento atmosferico” e pertanto non è necessaria alcuna autorizzazione specifica. Alternativamente, l'aria estratta dalle compostiere elettromeccaniche può essere collegata alla rete fognaria e allontanata mediante ventilazione forzata, prevedendo un sifone per evitare il ritorno di odori.              

Rifiuti ammissibili
I rifiuti ammissibili nelle apparecchiature destinate al compostaggio di comunità sono indicati nell’Allegato 3 del decreto: si tratta di rifiuti urbani biodegradabili provenienti da mense e cucine o da giardini e parchi, di segatura, trucioli, scarti provenienti dalla lavorazione del legno. Gli imballaggi in legno e carta sono ammessi solo nelle quantità necessarie come strutturanti, senza superare il 20% del totale dei rifiuti immessi nell’apparecchiatura.

Compiti del conduttore

Fatta eccezione per le più piccole (< 1 tonn/anno), ogni apparecchiatura, come detto avrà un conduttore, chiamato di fatto a ricoprire il ruolo di garante del corretto esercizio dell’apparecchiatura, un ruolo che richiede, inevitabilmente, qualche competenza tecnica. In questo senso, l’obbligo di partecipare ad un corso di formazione della durata di almeno 8 ore, potrebbe non essere sufficiente a raggiungere un’adeguata conoscenza del procedimento, tenuto conto che il conduttore, oltre a controllare l'accesso all’apparecchiatura, dovrà provvedere al bilanciamento tra rifiuti organici e strutturante, alla gestione dell’eventuale biofiltro, alla verifica delle caratteristiche del compost prodotto, nonché alla sua distribuzione alle utenze conferenti in base al piano di utilizzo. Potrebbe essere utile, a livello locale, dare vita a esperienze di supporto da parte del gestore dei rifiuti e di confronto tra attività simili, anche al fine di “alleggerire” le attività di controllo vero e proprio, demandate a Province e Comuni secondo le competenze individuate dal Codice dell’ambiente (Dlgs 152/2006).

Destinazione del compost
Quanto al compost prodotto, che sarà conforme alle caratteristiche indicate nel decreto per umidità, temperatura e pH, questo non può essere in ogni caso destinato alla vendita, ma deve essere impiegato, secondo il piano di utilizzo,
in terreni a disposizione delle utenze conferenti anche se non localizzati  in prossimità dell'apparecchiatura, ovvero per la concimazione di piante e fiori delle medesime utenze. Il compost può essere utilizzato anche su suoli agricoli destinati alla produzione di prodotti per uso umano o animale, ma in tal caso sarà conforme alle caratteristiche  dell'ammendante  compostato  misto  o dell'ammendante compostato verde, ai sensi del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, in materia di fertilizzanti. Una possibilità, quest’ultima, non prevista per le apparecchiature di capacità inferiore a 1 tonnellata annua; d’altro canto si tratta di attività che, per le capacità in gioco, coinvolgono un numero molto limitato di utenze.

Obiettivi di riciclaggio
Pur trattandosi di una pratica di prevenzione nella produzione dei rifiuti urbani, volta quindi a ridurne i quantitativi affidati al gestore, il  compostaggio  di   comunità  è  comunque conteggiato per il raggiungimento dell'obiettivo di  riciclaggio  del 50 % previsto dalla normativa comunitaria. Per questo motivo e anche ai fini della riduzione della tassa rifiuti, il responsabile dell'apparecchiatura ha l’obbligo di comunicare annualmente al Comune territorialmente
competente le quantità dei rifiuti conferiti, degli scarti, del compost prodotto e di quello fuori specifica. A questo scopo per le apparecchiature di taglia media e grande, il conduttore tiene un apposito registro, anche  elettronico, di tali dati. Per le apparecchiature di taglia piccola, invece, è sufficiente una stima ottenuta moltiplicando il numero dei componenti delle utenze conferenti per la quota media di rifiuto organico presente nel rifiuto urbano che, in assenza di dati puntuali delle amministrazioni locali, è considerato pari a 120 kg/abitante anno.

Conclusioni
Secondo quanto stimato da ISPRA (Rapporto Rifiuti Urbani - Edizione 2016), la frazione organica rappresenta in media il 35% del totale dei rifiuti prodotti in Italia da utenze domestiche e assimilate, costituendo la prima componente in peso degli scarti.
La sua gestione comporta impegni gravosi in quanto, a causa della rapida decomposizione, è necessario raccoglierla più spesso e conferirla velocemente agli impianti di recupero non sempre posti nelle vicinanze dei centri serviti, con ingenti costi di personale, mezzi e carburante, soprattutto in aree con scarsa densità abitativa. Proprio in tali situazioni la diffusione di pratiche di compostaggio di comunità potrebbe essere più compatibile con il territorio e più vantaggiosa per il gestore dei rifiuti e quindi per le casse comunali.
Al di là della riduzione dei costi per i Comuni per la raccolta e il trattamento di tale frazione, la pratica del compostaggio di comunità, come pure dell’autocompostaggio, contribuisce ad aumentare  la sensibilità ambientale collettiva, attraverso l’impegno diretto del cittadino nella gestione dei rifiuti. Il rifiuto organico è infatti l’unico tipo di rifiuto che può avvalersi di una completa “filiera di prossimità”: dalla raccolta alla gestione fino al riutilizzo del compost prodotto.
Per questo è auspicabile che, entrato in vigore il decreto, tali attività vengano sostenute dai decisori locali, attraverso azioni di promozione e incentivazione opportune ed efficaci.

 

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