Imprese

Per i ritardi dei pagamenti la soluzione del commissario «interno»

di Salvatore Massi

I ritardati pagamenti della Pubblica amministrazione continuano a essere una vera e propria piaga sociale in Italia. Secondo un'indagine condotta dall'Ance, infatti, nei primi 6 mesi dello scorso anno, circa il 79% delle imprese di costruzioni, ha registrato dei ritardi nei pagamenti della Pa, con gravi ripercussioni da parte delle imprese creditrici coinvolte. Metà di queste imprese, ha dovuto per esempio ridurre gli investimenti mentre un terzo ha dovuto effettuare dei licenziamenti. Ed allora il privato che non vede soddisfatto il suo credito nonostante sia munito di un valido titolo esecutivo (come un decreto ingiuntivo o una sentenza) spesso è costretto a ricorrere al giudizio di ottemperanza, che può essere promosso ogni volta che la sentenza non sia stata eseguita spontaneamente dalla Pubblica amministrazione.

I rimedi «classici»
Il giudizio di ottemperanza davanti al giudice amministrativo può concorrere, così, con l'esecuzione civile, disciplinata dal terzo libro del Codice di procedura civile. La concorrenza vale per l'esecuzione delle sentenze civili passate in giudicato (articolo 112, comma 2, lettera c); vale per l'esecuzione dei lodi arbitrali esecutivi, purché siano divenuti inoppugnabili (articolo 112, comma 2, lettera e); vale per le sentenze passate in giudicato dei giudici speciali, per i quali non sia previsto il rimedio dell'ottemperanza avanti agli stessi giudici (articolo 112, comma 2, lettera d) – il rimedio specifico dell'ottemperanza davanti agli stessi giudici è previsto nell'ordinamento della Corte dei conti e delle Commissioni tributarie. Il ricorso non è sottoposto a termini di decadenza e, d'altra parte, non ha carattere impugnatorio. Il diritto all'esecuzione è assoggettato però a prescrizione ordinaria di dieci anni, decorrenti dalla data del passaggio in giudicato della sentenza (articolo 114, comma 1). Il giudizio di ottemperanza concerne essenzialmente l'esecuzione della pronuncia giurisdizionale: di conseguenza non sono ammesse domande estranee ai doveri di esecuzione derivanti dalla sentenza. Questa previsione consente al giudice di sostituirsi, direttamente o attraverso un commissario da esso eventualmente nominato, all'amministrazione inadempiente (articolo 114, comma 4, lettera a).

Potere sostitutivo
Almeno in linea teorica, il potere di sostituzione è di ampiezza generale: l'amministrazione non può opporre al giudice alcuna riserva di potere. In genere, soprattutto quando siano richiesti adempimenti di una certa complessità, o quando l'esecuzione richieda valutazioni tipicamente discrezionali, il giudice dell'ottemperanza non provvede direttamente, ma garantisce l'esecuzione della sentenza attraverso un commissario ad acta, che si sostituisce agli organi amministrativi inadempienti. Ma in caso di inadempimento della Pa anche con riferimento al mancato pagamento di somme, il cittadino o l'impresa ha come rimedi solo quelli giurisdizionali consistenti nelle procedure esecutive o nel giudizio di ottemperanza?

Calendario obbligatorio
In realtà no. L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla legge 241/1990. L'articolo 2, al comma 1, prevede che ove il procedimento consegua obbligatoriamente a un’istanza, o debba essere iniziato d'ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l'adozione di un provvedimento espresso. Il comma 2 stabilisce che i procedimenti amministrativi devono concludersi entro 30 giorni, a meno che disposizioni di legge o di regolamento prevedano un termine diverso comunque non superiore ai 90 giorni. Se non si rispettano questi termini c’è un ritardo nell'azione amministrativa. Il decreto legge 5/2012 ha aggiunto i commi 9 bis–9 quinquies all'articolo 2 della legge 241/1990. Per rendere maggiormente effettivo il rispetto dei termini di conclusione dei procedimenti, il comma 9-bis dispone che l'organo di governo individua, nell'ambito delle figure apicali dell'amministrazione, un soggetto al quale attribuire il potere di sostituirsi al dirigente o al funzionario inadempiente. Se l'organo di governo non provvedere alla nomina, il potere sostitutivo si considera attribuito a soggetti individuati ex lege: dirigente generale, in mancanza dirigente preposto all'ufficio o in ulteriore mancanza funzionario di più elevato livello presente nell'amministrazione. Decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento, il privato può rivolgersi al titolare del potere sostitutivo perché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto per l'adozione del provvedimento, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o nominando un commissario ad acta. La finalità è quella di garantire una rapida definizione della procedura.

Le conseguenze
Ora è di immediata comprensione la portata di questa norma specialmente nell'ambito degli enti locali. Infatti a fronte di un inadempimento il privato o l'impresa hanno la possibilità di scegliere tre alternative:
• esperire le azioni esecutive in sede civile per il soddisfacimento del proprio credito. Però in tal caso l'ente oltre a proporre le opposizioni previste dal Codice di procedura civile può anche eccepire altre situazioni patologiche della sua sfera finanziaria quali le delibere di impignorabilità con valenza semestrale o il dissesto finanziario;
• esperire il giudizio di ottemperanza, che ha una valenza più diretta ma ha anche dei costi economici rilevanti per la parte attrice del procedimento;
• attivare la procedura sostitutiva prevista dall'articolo 2, comma 9-bis della legge 241/90 senza particolari oneri economici. In quest’ultimo caso, e con particolare riferimento ai Comuni, la mancata pubblicazione del nominativo del soggetto preposto ad attivare i poteri sostitutivi é un ostacolo facilmente superabile in quanto il Dlgs 267/2000, all’articolo 97, comma 4, stabilisce che «il segretario sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordina l'attività, salvo quando ai sensi e per gli effetti del comma 1 dell'articolo 108 il sindaco e il presidente della provincia abbiano nominato il direttore generale».

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