Imprese

Comunicazione pubblica, i nuovi profili per la prima volta anche nel comparto Istruzione

di Sergio Talamo

La nuova comunicazione pubblica, sintonizzata con la Pa della trasparenza totale e della digitalizzazione, compie un importante passo in avanti. Per la prima volta in assoluto, nel Ccnl del comparto Istruzione e ricerca, stipulato di recente in sede Aran, è stata inserita una specifica norma dedicata all’“Istituzione nuovi profili per le attività di comunicazione e informazione” (articolo 59). Prima di esaminarla nel merito, provando a coglierne anche le implicazioni operative, è utile ricostruire il percorso che ha reso la contrattazione pubblica, riaperta dalla ministra della Pa Marianna Madia dopo 8 anni di blocco, uno snodo centrale del rilancio delle attività comunicative. Nell’atto di indirizzo per il contratto del comparto Funzioni centrali, la ministra Madia invitava l’Aran a ridefinire “specifici profili professionali per il personale addetto alle attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni”. Su questa linea, e dopo la forte spinta impressa alla trattativa dal sindacato dei giornalisti, la Fnsi (e, nell’ambito professionale, dall’associazione #PAsocial), nel contratto chiuso la notte del 23 dicembre 2017 compare l’articolo 95 che disegna i nuovi profili. La nuova disciplina è costruita “a legislazione vigente”, e quindi risente della impolveratissima legge 150/2000, varata quando il web nella Pa era ai primi vagiti e imperniata sulla divisione della comunicazione in tre settori distinti (uffici stampa, Urp e portavoce). Nelle più moderne impostazioni, invece - fra cui la stessa piattaforma Fnsi presentata all’Aran - si punta ad una “newsroom” che allarga e aggiorna il perimetro delle attività comunicative ma nello stesso tempo lo riconduce ad un modello organizzativo unitario. Ma, nonostante ciò, l’articolo 95 del Ccnl Funzioni centrali avvia un profondo cambiamento riguardo alle funzioni, sia dei profili comunicativi sia di quelli informativi (in sostanza sovrapponibili): accanto a mansioni tradizionali come media relations e comunicazione interna, si fa infatti riferimento alla gestione dell’accesso civico, alle consultazioni pubbliche, alla gestione degli eventi e all’uso più evoluto della comunicazione web (fra cui i social). L’articolo 95 demanda ad ulteriori step - “code contrattuali” - le definizioni più specifiche: “L’istituzione dei profili di cui al presente articolo potrà essere oggetto di ulteriore approfondimento nell’ambito dei lavori della commissione di cui all’art. 12, anche in relazione alle modalità specifiche di adesione alle casse previdenziali e di assistenza dei giornalisti, alla definizione dei percorsi formativi, ad eventuali e specifiche modalità di articolazione dell’orario di lavoro”. 

Il contratto dei “lavoratori della conoscenza”
Poco più di un mese dopo, la nuova visione viene accolta e persino migliorata nel Ccnl del comparto dei “lavoratori della conoscenza”, come è chiamato dal sito della Funzione pubblica, che include Scuole, Università, Enti di ricerca e Afam (Alta formazione artistica, musicale e coreutica). Un accordo che riguarda circa 1 milione e 200mila dipendenti, mentre quello delle Funzioni centrali ne interessava 270mila. Da segnalare che si tratta di una “prima volta” che evidenzia una nuova consapevolezza. Nella visione tradizionale la comunicazione pubblica veniva inevitabilmente intrecciata con quella politica e quindi era ritenuta necessaria soprattutto nelle attività dei ministeri e dei governi locali. Nella concezione più moderna della Pa, che si è affermata nell’ultimo decennio (perlomeno dal decreto 150/2009 del ministro Brunetta fino alla Riforma Madia 2015-2017), ad acquisire centralità è il cittadino, con i suoi bisogni e i suoi diritti: da qui l’amministrazione “digital first”, la spinta sull’open government, la trasparenza totale (il cosiddetto Foia italiano), la performance misurata con i cittadini. In questo scenario, sono proprio i settori a più forte impatto con le persone ad aver bisogno di un rilancio della comunicazione ispirato dalla cultura del servizio e alla citizen satisfaction e finalizzato all’effettiva realizzazione della trasparenza totale. Fra tali settori, spiccano quello dell’Istruzione, che comprende scuole e università, e quello sanitario: non a caso, il prossimo contratto in via di stipula interessa la Sanità (trattativa in corso insieme a quella per gli Enti locali), e si prevede che anche in esso siano contenute norme sulla nuova comunicazione al cittadino. Sembra quindi che anche in Italia ci sia resi conto che “il cittadino” non è un’entità astratta, ma una persona in carne e ossa che ha bisogno di informazioni e qualità del servizio anche e soprattutto quando si rivolge alla scuola frequentata da suo figlio o alla Asl cui affida la salute sua o di un suo caro.

L’area Informazione e comunicazione
Vediamo ora lo specifico contenuto dell’articolo 59 del Ccnl del comparto Istruzione e ricerca. Dopo una premessa comune con le Funzioni centrali, “nel quadro dei processi di innovazione del lavoro pubblico, le parti ritengono opportuno valorizzare e migliorare le attività di informazione e di comunicazione svolte dalle pubbliche amministrazioni”, parte subito il modello innovativo, perché si prevede “una specifica area professionale ‘Informazione e comunicazione’. Le attività sono quindi - finalmente - viste in una cornice unitaria, così come del resto era auspicato sin dal 7 febbraio 2002. Infatti, all’indomani della 150/2000 e del regolamento attuativo 422/2001, il ministero Frattini emanò una direttiva che si intitolava “Attività di comunicazione delle pubbliche amministrazioni”, e indicava, riguardo alle strutture ex lege 150, l’obiettivo di “promuoverne il pieno raccordo operativo sotto forma di coordinamento e attraverso una adeguata struttura organizzativa”. “La comunicazione interna e la produzione di messaggi complessi verso l'esterno - si legge ancora nella direttiva - rappresentano momenti differenti della stessa funzione di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni, e pertanto richiedono un coordinamento che ne governi, con efficacia, le interazioni e le sinergie. Questa dimensione complessiva e integrata della comunicazione non può essere dimenticata né sottovalutata nell'attuazione della legge del 7 giugno 2000 n. 150”. In questa illuminata (e purtroppo largamente ignorata) direttiva, si individuavano inoltre traguardi molto avanzati, che invece erano trascurati dalla 150. Le amministrazioni devono: “1. Garantire un'informazione trasparente ed esauriente sul loro operato; 2. pubblicizzare e consentire l'accesso ai servizi promuovendo nuove relazioni con i cittadini; 3. ottimizzare l'efficienza e l'efficacia dei prodotti-servizi attraverso un adeguato sistema di comunicazione interna”. E infine si parlava anche di (…) profili professionali: “L'individuazione e la regolamentazione delle tipologie professionali... sono affidate alla contrattazione collettiva con le organizzazioni sindacali rappresentative sul territorio nazionale delle categorie professionali”. Si può quindi dire che se la Ministra Madia, riaprendo la contrattazione pubblica, ha interrotto un “silenzio” di 8 anni, sul piano della comunicazione ne ha interrotto uno di ben 15 anni.

I contenuti professionali
Dopo aver fissato la novità della struttura unitaria, l’articolo 59 indica i “contenuti professionali” dell’area Comunicazione e informazione (si noti l’analogia con il modello Fnsi-Pasocial dell’Ufficio stampa comunicazione e servizi al cittadino): a) gestione e coordinamento dei processi di comunicazione e informazione esterna e interna in relazione ai fabbisogni dell’utenza e agli obiettivi dell’amministrazione; b) definizione di procedure interne per la comunicazione istituzionale; c) raccordo dei processi di gestione dei siti internet, nell’ottica dell’attuazione delle disposizioni in materia di trasparenza e della comunicazione esterna dei servizi erogati dall’amministrazione e del loro funzionamento; d) promozione e cura dei collegamenti con gli organi di informazione; e) individuazione e/o implementazione di soluzioni innovative e di strumenti che possano garantire la costante e aggiornata informazione sull’attività istituzionale dell’amministrazione; f) gestione degli eventi, dell’accesso civico e delle consultazioni pubbliche. Poi, come nell’articolo 95 del Ccnl Funzioni centrali, c’è un rimando a “ulteriori approfondimenti (…) anche in relazione alle modalità specifiche di adesione alle casse previdenziali e di assistenza dei giornalisti, alla definizione dei percorsi formativi, ad eventuali e specifiche modalità di articolazione dell’orario di lavoro”. Come si può vedere, si tratta di un inquadramento delle attività comunicative-informative di segno totalmente nuovo sia nelle funzioni (fra cui spiccano trasparenza totale e richiamo ai social) sia nel coordinamento, dove ritorna prevalente un’intuizione che risale al 2002 ma che non è stata quasi mai tradotta in concreti comportamenti organizzativi. In attesa di esaminare gli altri due comparti di pertinenza Aran, cioè la Sanità e le Funzioni locali, viene in evidenza che - come non di rado è accaduto in Italia - la contrattazione funge da spinta evolutiva e anticipazione di novità legislative particolarmente sentite. Il percorso verso “la legge 151” (come gli addetti ai lavori chiamano la riforma della 150/2000) è già in atto, scritta nero su bianco. Intanto, il profilo del nuovo “Giornalista pubblico” deve ora trovare spazio in atti di indirizzo organizzativo del ministero Pa e naturalmente nel lavoro della commissione sulle classificazioni professionali, i cui compiti sono descritti all’articolo 12 del Ccnl Funzioni centrali. La commissione vedrà seduta al tavolo la Fnsi e dovrebbe - esito delle elezioni permettendo - concludere i lavori entro il prossimo maggio.

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