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Più di un miliardo per il rilancio della Sardegna

Una partita che supera il miliardo di euro di investimenti. E che mette assieme i piani di riavvio e di espansione del settore metallurgico e delle bonifiche ambientali. Con interventi che si muovono lungo due binari paralleli e viaggiano sull’asse che collega il Sulcis al Sassarese passando per Medio Campidano e Nuorese. In mezzo poi ci sono altre risorse collegate che saranno impiegate per infrastrutture e interventi connessi. Una partita importante che suona come una svolta e un’occasione per riattivare un sistema produttivo costretto a fare i conti con fermate e ammortizzatori sociali. Premesse per quella che viene definita la «svolta economica e industriale dell’isola», come rimarca anche Alberto Scanu, presidente di Confindustria Sardegna che guarda positivamente all’evoluzione delle vertenze del settore produttivo. «Il riavvio di Portovesme dimostra che si può fare industria in Sardegna – dice -. Il manifatturiero ha un futuro e può essere un elemento fondamentale e trainante anche per altri settori come la logistica». Un passo importante, a sentire il numero uno di Confindustria che «riassegna alla Sardegna un ruolo nel panorama industriale nazionale». Una svolta che porta con sé risorse per un miliardo e 15 milioni di euro circa. Denari provenienti, nella maggior parte dei casi, dai privati e solo in minima parte a fondo perduto. Gli investimenti previsti nella metallurgia, con la filiera dell’alluminio (Alcoa ed Eurallumina) e del settore del piombo e dello zinco (Portovesme srl /Glencore) sono stimati intorno ai 445 milioni.

Eurallumina

Il primo anello della filiera dell’alluminio (l’azienda ha presentato le ultime integrazioni alla Regione sulla Valutazione di impatto sulla salute, propedeutiche alla delibera sulla Valutazione di impatto ambientale, e la seguente autorizzazione integrata ambientale necessarie al progetto di rilancio) prevede un investimento che supera i 200 milioni di euro per la costruzione della centrale di cogenerazione a vapore e il riavvio della raffineria che dalla lavorazione di bauxiti tri-idrate produce allumina. Al riavvio è collegato anche l’inserimento lavorativo di 357 diretti, 100 nuove assunzioni e 270 negli appalti.

Ex Alcoa

È di 140 milioni di euro il piano di interventi che interesseranno il riavvio dello stabilimento ex Alcoa una volta che sarà formalizzato il passaggio alla svizzera Sider Alloys (ora la fabbrica è in mano a Invitalia e il passaggio al gruppo svizzero dovrà essere definito entro il 15 febbraio). Il piano di investimenti prevede un contributo a fondo perduto di 8 milioni di euro, un finanziamento a tasso agevolato di 84 milioni da rimborsare in otto anni (all’interno anche la dote di 8 milioni di euro erogata dalla Regione), 20 milioni stanziati dall’Alcoa per il riavvio e il resto da Sider Alloys. L’occupazione stima un inserimento di 376 lavoratori diretti e 70 a contratto, cui potrebbero aggiungersene altri 70 nel caso di riavvio di un’altra sezione dello stabilimento.

Portovesme Srl - Glencore

L’altra partita di investimenti tutti privati che interesseranno il polo metallurgico della Sardegna sud occidentale riguarda, invece, la filiera di piombo e zinco. Il piano triennale varato dalla Portovesme srl (che produce anche oro, argento, acido solforico ed è proprietaria della fonderia di San Gavino), controllata Glencore, viaggia attorno ai 105 milioni sino al 2021 (25 milioni solo per la costruzione della discarica di Genna Luas 2 il cui percorso autorizzativo è in corso). L’azienda, che tra dipendenti diretti e appalti conta su circa 1.300 lavoratori, è pronta anche a procedere con 80 nuove assunzioni.

Porto industriale

Strettamente collegato allo sviluppo del polo industriale anche il futuro del porto per il cui dragaggio e sistemazione (il comune di Portoscuso ha avviato anche le procedure per l’istituzione della zona franca doganale) sono disponibili poco meno di 16 milioni.

Bonifiche ambientali

Sul piano degli investimenti è il capitolo che pesa di più, giacché l’importo complessivo messo in campo è di 554 milioni di euro circa. Gli interventi riguardano il risanamento di aree interessate da lavorazioni industriali o siti minerari dismessi da rimettere in sesto. Aree che si sviluppano su una superficie di circa 445mila ettari, distribuita nelle diverse parti della Sardegna.

Portotorres

Vale 125 milioni di euro (inizialmente 90 milioni poi cresciuti per le integrazioni progettuali relative alle prescrizioni ottenute) il piano di risanamento (a pagare è Syndial) che darà il via alla nuova fase del polo chimico. Ovvero la la bonifica del sito Nuraghe: la procedura per le autorizzazioni è in corso e riguarda la realizzazione di spazi e strumenti in situ in cui lavorare le terre da trattare). L’Iter dovrebbe chiudersi entro gennaio.

Portovesme

Tra progetti avviati e altri pronti a essere cantierati, sul piatto ci sono oltre 200 milioni. «Risorse – precisa Salvatore Cherchi, coordinatore per l’attuazione del Piano Sulcis attuato dalla Regione Sardegna – che in parte arrivano dai privati». Ossia dalle aziende che hanno operato nel polo industriale: «Eurallumina, Portovesme Srl (Glencore), Ligestra (ex Alumix), Enel».

Aree minerarie dismesse

La partita per il risanamento delle vecchie miniere metallifere della Sardegna vale 164 milioni. All’interno sono comprese quelle del Sulcis Iglesiente e del Medio Campidano (Monteponi, Montevecchio) e le poche altre sparse nell’isola. La fetta più grossa se la giocano il sito dell’Iglesiente e del Guspinese.

La miniera d’oro

Capitolo a parte lo gioca il risanamento della miniera d’oro di Santu Miali a Furtei, nel Medio Campidano, dove da pochi giorni scorsi hanno preso avvio gli interventi di bonifica che si svilupperanno in due step. Un primo da 65 milioni (divisi in due tranche da 37 e 28 milioni) con cui saranno risanati i 530 ettari di area mineraria. Gli interventi riguarderanno sia il risanamento delle aree prettamente “industriali” (bacini degli sterili, riempimento vuoti minerari e bonifica discariche minerarie di solfuri) e la messa in sicurezza dei suoli contaminati in prossimità e a valle delle aree minerarie.

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