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Ilva appesa a un filo Tra Calenda e Puglia è muro contro muro

Nessuna fuga, per ora, dall’investimento in Ilva, ma il rischio c’è ed è elevato. Arcelor Mittal, azionista di rilievo di Am Investco, la società che si è aggiudicata la gara per l’Ilva, fa sentire la sua voce dopo che il ministro allo Sviluppo economico, Carlo Calenda, ha bloccato La discussione sul gruppo siderurgico visto che il piano ambientale – presupposto per far funzionare l’acciaieria – è stato impugnato al Tar da Regione Puglia e Comune di Taranto. Inutile discutere, osserva Calenda, se prima non si fa chiarezza. Arcelor Mittal ricorda di aver «assunto impegni molto seri su Ilva. L’investimento di 2,3 miliardi di euro previsto migliorerà le performance industriali e ambientali dell’impianto di Taranto. È un vero e grande peccato che la nostra volontà e capacità di realizzare tali investimenti possano essere pregiudicate da questo ricorso. Gli investitori internazionali debbono poter lavorare in contesti di certezza del diritto nei quali essi possano assumere e assolvere impegni e precise responsabilità». E nell’esprimere preoccupazione per il ricorso e il suo impatto, Arcelor Mittal «conferma la volontà di procedere rapidamente nel processo di negoziazione con le organizzazioni sindacali, qualora le condizioni generali lo consentano e quando e qualora il ministro Calenda decidesse di riattivarle. Arcelor Mittal - si evidenzia - è altresì disponibile a procedere con il dialogo intrapreso con le istituzioni locali interessate agli impianti di Ilva».

La posizione di Calenda
Prima che Arcelor Mittal intervenisse, è stato lo stesso Calenda a parlare: «Al governatore Michele Emiliano dico di ritirare ricorso. Non faccia ostruzionismo oppure l’investitore se ne andrà». Per Calenda, il ricorso contro il Dpcm sull’Ilva «non è un provvedimento “qualsiasi” come è stato detto. Se accolto, sospende la validità del decreto e di conseguenza i commissari dell’azienda sono tenuti a spegnere l’Ilva, né si può chiedere un intervento all’investitore prima che questi entri in possesso del bene». Emiliano, incalza Calenda, «ci aiuti a migliorare il piano ma non faccia ostruzionismo. Il ricorso del presidente pugliese non è contro il Governo ma nei confronti di un privato che in questo contesto scappa. Non è possibile fare ostruzionismo per far chiudere l’Ilva senza dirlo – aggiunge il ministro –. Meglio dire va chiusa che dire tutto e il contrario di tutto. Se le autorità locali non sono d’accordo, l’investitore se ne andrà».

Il punto di Emiliano
Ma Emiliano tiene il punto: «Se il Governo vuole evitare il giudizio ritiri l’atto impugnato e lo corregga secondo le indicazioni della Regione Puglia e del Comune di Taranto avviando il processo di decarbonizzazione. Rivolgersi a un giudice per verificare la legittimità di un atto lesivo – dichiara – è un diritto per tutti gli esseri umani e a maggior ragione per una Regione che ha il dovere di proteggere la salute dei propri cittadini dalle malattie evitabili».
Ma «non si può ricorrere al Tar tutte le volte che non si è d’accordo, è avvilente per la politica e per il Paese», commenta il governatore della Liguria, Giovanni Toti, che definisce il ricorso una “mina” lanciata sulla strada finalizzata a dare un futuro all’Ilva e a tutelare migliaia di posti di lavoro.
Oggi, sotto la sede del Consiglio regionale pugliese, in coincidenza con la seduta dedicata all’Ilva, ci sarà la protesta di Cisl, Uil, Fim Cisl e Uilm Taranto con i lavoratori del siderurgico e dell’indotto. Non aderiscono invece Fiom Cgil e Cgil. Per le quatto sigle, il ricorso «allunga i tempi del risanamento e del rilancio del sito di Taranto, compresa la copertura dei parchi minerali che, rinviata più volte nella realizzazione, avrebbe visto a gennaio 2018 l’avvio della sua esecuzione».

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