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Agenda digitale, sanzioni più pesanti sulla conservazione dei dati

Allarme nel mercato della conservazione elettronica nell'attesa del nuovo Cad, il Codice dell'amministrazione digitale. Il decreto relativo arriverà - a quanto riportano al Sole 24 Ore fonti della Presidenza del Consiglio che hanno lavorato al testo - forse già a novembre e al più tardi entro il 14 dicembre.
L'allarme arriva dall’Anorc, l’associazione dei conservatori, e da Accredia, l'ente unico nazionale di accreditamento designato dal governo italiano. La pietra della discordia è lo schema del decreto correttivo al Cad, elaborato dal team digital del commissario straordinario per l'attuazione dell’Agenda digitale Diego Piacentini e inviato il 23 settembre alla presidenza del Consiglio (adesso attende solo l'approvazione in consiglio dei ministri).

Le criticità
Le preoccupazioni sono di diversa natura. «Temiamo che scomparirà la certificazione dei conservatori, così come l'abbiamo finora conosciuta. E ne verranno pericoli per la sicurezza degli archivi digitali delle pubbliche amministrazioni», spiega Riccardo Bianconi, ispettore-responsabile security e controller di Accredia. I conservatori finora hanno dovuto farsi certificare da Accredia, in un registro tenuto dall'Agenzia per l'Italia digitale, per poter conservare i dati delle pubbliche amministrazioni, loro clienti.
Il motivo del timore è che «l'attuale schema di decreto cancella l'attuale certificazione e non c'è chiarezza sulle nuove regole», aggiunge.
La chiarezza invocata dovrebbe arrivare dalle regole tecniche che il team digital farà dopo l'approvazione del decreto, confrontandosi – a quanto assicura – con Accredia e gli attori del mercato.

Le proteste
A questo si sommano le proteste di Anorc, consegnate in una lettera al Governo e al team digital. «Il decreto decuplica le sanzioni per inadempienze nella conservazione, portandole fino a 400mila euro e prevede la possibilità di radiare l'azienda dal registro dei conservatori certificati- dice Andrea Lisi, presidente dell’Anorc -. Il tutto lasciando troppo generiche le possibili cause di inadempienza e cancellando lo strumento di “ravvedimento operoso” che concede margini all'azienda di rimediare al problema evitando sanzioni». «A incrementare l'incertezza si aggiunge l'intento di creare poli di conservazione pubblici, i quali potrebbero sostituirsi al lavoro delle aziende private, di fatto minacciandone l'esistenza».

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