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Città e arte, l’apporto privato è decisivo

Fare cultura è il “fil rouge” delle innovative politiche urbane in tutto il mondo. Con questo spirito l’Italia va a caccia della prossima Capitale italiana della Cultura per il 2020, tra le 46 città che hanno partecipato al bando. Lo scorso anno Mantova Capitale ha ricevuto dallo Stato 1 milione di euro e l’esclusione dal patto di stabilità degli investimenti necessari per realizzare i progetti, quest’anno è la volta di Pistoia, il prossimo di Palermo e nel 2019 sarà la volta di Matera, promossa a Capitale europea della Cultura. Un primo passo questo, insieme all’art bonus, per far convergere risorse sulla cultura e sulle arti.

L’impatto della cultura sull’economia urbana
Tuttavia non si conoscono gli effetti di queste iniziative promosse dal ministro della Cultura Dario Franceschini, lasciando così l’Italia fuori da un confronto globale sugli investimenti in cultura fatto tra grandi città come Mosca, Londra, New York, Shanghai e Sydney, per rinnovare e rendere vivi i loro quartieri. Quale mix esiste tra finanziamento pubblico e privato e che impatto ha la cultura sull’economia di 16 città lo ha monitorato il «World Cities Culture Finance Report 2017», redatto dalla società di consulenza specializzata nell’economia culturale e creativa Bop Consulting Editorial Team. I dati delle 16 metropoli – otto capitali e otto grandi centri – appartenenti al World Cities Culture Forum, un network di 32 città che attraverso simposi, ricerche e workshop condivide idee e conoscenze sul ruolo della cultura nelle metropoli sostenibili del futuro, certifica che gli esperimenti metropolitani più avanzate parlano inglese, seguiti dall’area asiatica.
L’analisi fornisce alle amministrazioni uno strumento per riflettere sulle proprie politiche culturali e individuare una gestione efficace ed efficiente, distinguendo fra tre forme di finanziamento alla cultura: quello pubblico diretto, rappresentato dalla spesa del ministero della Cultura e di altri organi pubblici dedicati e da altri ministeri (Istruzione, Turismo, Sviluppo economico), che sempre più usano la cultura come strumento per rendere le città più attraenti; il finanziamento pubblico indiretto, rappresentato dalle agevolazioni fiscali concesse ai donatori privati o alle aziende, che andrebbero potenziati; e infine le donazioni di privati e le sponsorizzazioni.
Negli Stati Uniti queste rappresentano le prime fonti, apportando oltre il 50% delle risorse – a New York il 70% – grazie agli incentivi del governo federale, che per ogni dollaro donato a un’ente non-profit rinuncia a 33-35 centesimi di entrate fiscali. Anche il Giappone rappresenta una best practice sul fronte privato: le sponsorizzazioni aziendali nel 2012-13 hanno sostenuto la cultura e le arti a Tokyo con 525 milioni di dollari (45% delle risorse totali). Scende l’apporto privato in Europa, dove donazioni e sponsorship si attestano tra il 4 e il 15%. A Seul, attraverso l’Arts Council Korea gli individui possono dedurre le donazioni del 100% e le imprese del 50%. Shanghai ha saputo attrarre gli investimenti di Lvmh per 143 milioni di dollari per la costruzione del nuovo Guanfu Museum al 37esimo piano dello Shanghai Centre, così come 367 milioni dei 422 per la costruzione della nuova sede del New York Whitney Museum of American Art sono capitale privato.

Le capitali europee
Tre capitali – Parigi, Mosca e Londra – si distinguono per l’entità dell’investimento pubblico diretto in cultura: ogni anno vi confluiscono rispettivamente 3,3 miliardi, 2,4 miliardi e 1,6 miliardi. In media, l’investimento statale nella cultura delle città prese in esame è del 19,7%, dato che aumenta se si tratta di una capitale. Fanno eccezione New York e Istanbul, che godono di uno status di “quasi-capitale”, qui l’investimento in infrastrutture culturali ha generato un pubblico esigente che richiede ulteriori risorse.
Nelle città europee ricche di storia –Londra, Amsterdam, Bruxelles, Parigi – il budget statale è più elevato: si tratta di sistemi urbani “mono-centrici”, diversi da quelli “poli-centrici” tipici delle metropoli americane e cinesi, con governi decentralizzati. Mentre le città con la più alta percentuale di finanziamento comunale sono San Francisco (98%), New York (92%), Shenzhen (71%) e Mosca (71%). A San Francisco ci sono due agenzie per le arti che insieme hanno gestito nel 2015-16 un budget di 32 milioni di dollari, pari allo 0,4% del budget totale, finanziando il sistema librario per 117 milioni di dollari. A New York il dipartimento per gli affari culturali gestisce un budget pari a quello statale per sostenere ogni anno più di 900 non-profit culturali per un totale di 159 milioni di dollari nel 2014-15. Senza contare i 352 milioni di dollari investiti nel sistema librario pubbliconello stesso biennio.
Il governo locale di Shenzhen, in Cina, nel 2015-16 ha speso in cultura 310 milioni di dollari, pari allo 0,4% del budget, circa lo stesso della media nazionale cinese. A Mosca il dipartimento della cultura gestisce e finanzia 429 istituti e più di mille siti in città, incluse librerie, musei, teatri, scuole d’arte, sale concerti e cinema, uno sforzo che ha richiesto il 4% del budget totale della capitale: 1,7 miliardi di dollari nel 2014-15.

Il finanziamento a livello locale
Per diverse città è molto importante anche il finanziamento a livello locale, che in media fornisce un quarto della spesa in cultura. Los Angeles, per esempio, è composta da 88 municipi, ognuno dei quali è libero di adottare il proprio approccio alla cultura; insieme hanno rappresentato il 55% del finanziamento pubblico alla cultura di Los Angeles. A Shanghai ci sono 15 distretti che sono stati responsabili nel 2016 del 57% dell’investimento pubblico in cultura, pari a 402 milioni di dollari. Anche a Parigi, nonostante le piccole dimensioni, ce ne sono 1.281 che nel 2015 hanno avuto un budget complessivo di 1,1 miliardi di dollari. La loro spesa si concentra sulle librerie e i conservatori. Ci sono 62 autorità locali che nel 2015-16 hanno avuto un budget di 274 milioni di dollari. La tassazione locale (tassa di soggiorno o su altri beni) è una risorsa importante quando finalizzata al sostegno della cultura come a Los Angeles e Toronto.

Gli ambiti di interesse
È difficile stabilire quali ambiti della cultura siano maggiormente interessati dalla spesa pubblica, ma osservando i dati si può affermare che sia Londra che nelle città a stelle e strisce la spesa locale si concentra sul sistema librario pubblico, mentre in Cina il focus è sull’industria creativa: non avendo più una grande eredità storica di infrastrutture culturali, le città cinesi investano maggiormente in forme culturali più nuove e commerciali: il boom della realizzazione di musei è storia recente. A Seul l’offerta culturale si concentra sull’animazione, giochi e digital media. In generale molte città stanno cercando di riequilibrare i loro ecosistemi di finanziamento culturale a fronte del fatto che quelli pubblici stanno diminuendo nelle città europee come Amsterdam e Londra, ma anche a Seul e Sydney. Per questo la politica sta tentando di agevolare le donazioni pubbliche attraverso incentivi fiscali e nuovi modelli di finanziamento. Questo passaggio richiede alle organizzazioni culturali più creatività e innovazione rispetto al passato e agli attori politici di riconsiderare i giacimenti culturali come veri generatori, nel lungo periodo, d’innovazione, valore economico e occupazione. E l’Italia pur muovendo ancora i primi passi con le capitali della Cultura potrebbe costituire un modello.

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