Imprese

I dibattiti eterni che svuotano le Aule

Mentre da Milano riparte la discussione eterna sul numero chiuso, le aule universitarie non sono mai state così vuote, e qui si incontra una delle ragioni della declinante produttività italiana la cui dinamica arretra ininterrottamente dal ’95 secondo l’Ocse. Ma la distanza paradossale che spesso separa le discussioni di politica universitaria dai problemi imposti dalla realtà non è un inedito. È difficile, ad esempio, convincere famiglie e studenti del fatto che l’investimento nella formazione universitaria conviene se poi gli stessi governi, numeri alla mano, sono i primi a non mostrarsene consapevoli.
L’ultima manovra, va detto, tenta una timida inversione di rotta, ma qui non si tratta di singole misure o di calcoli alla virgola: negli anni della crisi di finanza pubblica l’università ha pagato pegno come gli altri settori della Pa, con tanti saluti all’importanza strategica della formazione e del capitale umano ribadita da ogni governo. Attenzione, però. I problemi finanziari sono concreti, e aggravati dai buchi nel diritto allo studio che le regioni allargano proprio dove c’è più bisogno di aiuto (si spiega anche così la desertificazione di tanti atenei meridionali). Ma non possono essere il paravento agitato da rettori e professori per nascondere le loro responsabilità. La laurea serve. Lo dicono le mamme preoccupate del futuro dei figli e lo confermano gli studi economici. Ma non tutte le lauree servono allo stesso modo. Non è solo questione di materie (un ingegnere ha più chance occupazionali a breve di un letterato, e questo si sa), ma anche di organizzazione. Tutte le analisi confermano che tirocini ed esperienze all’estero moltiplicano preparazione e prospettive degli studenti, ma l’impegno degli atenei su questi due fronti declina come è stato appena certificato da AlmaLaurea.
L’università, però, sembra appassionarsi ad altri temi. La battaglia contro i costi standard, che dovrebbero rimodulare i finanziamenti universitari portandomi soldi dove servono, ha appena portato alla bordata della Corte costituzionale, che rischia di riportare indietro di anni le regole del fondo ordinario. TreeLLLe, come altri osservatori, chiede invece di accelerare abbandonando in fretta la spesa storica, e di rafforzare l’Agenzia di valutazione per dare più peso al finanziamento legato alle performance. Ma proprio la valutazione è al centro da anni di un’ opposizione sorda, che dietro alle contestazioni di metodo e alle battaglie di carte bollate nasconde non di rado l’idea che mettere sotto esame didattica e ricerca sia un’offerta alla sacra libertà della docenza. E l’elenco potrebbe continuare a lungo, in un’altalena fra regole spesso non impeccabili e contestazioni altrettanto spesso strumentali. Mentre le aule si svuotano.

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