Personale

Smart working per i dipendenti pubblici verso la proroga a fine anno

La «regola» del lavoro agile per i dipendenti della Pubblica amministrazione avviata nelle fasi più buie dell’emergenza Coronavirus si allungherà ancora. La proroga dovrebbe arrivare in questi giorni all’interno dei correttivi al decretone anticrisi all’esame della Camera: la data è ancora da individuare, ma l’ipotesi più probabile guarda direttamente al 31 dicembre. Con il risultato che al netto del rischio di una seconda ondata epidemica la generalità della pubblica amministrazione sarebbe l’ultimo settore a ripartire a regime, dal 1° gennaio dell’anno prossimo.

In discussione c’è il prolungamento del cambio di prospettiva avviato nel pieno dell’emergenza sanitaria prima tramite decreto di Palazzo Chigi e poi con norma primaria. Oggi è l’articolo 263 del decreto 34 a indicare che negli uffici pubblici il «lavoro agile» è la regola e la presenza è l’eccezione. Naturalmente si tratta di un’eccezione da modulare nel tempo, secondo gli indirizzi dati dai dirigenti degli uffici a cui la Funzione pubblica ha chiesto con la direttiva 3 del 4 maggio di garantire i servizi indispensabili alla ripresa progressiva delle attività economiche. Mossa che secondo quel che risulta a Palazzo Vidoni avrebbe riportato in ufficio in queste settimane un altro 20% di dipendenti pubblici, accanto al 10% (prima di tutto medici e infermieri) che non ha abbandonato il posto nemmeno a marzo e aprile. Ma numeri e censimenti sono ancora da completare, così come è da chiudere il protocollo con i sindacati avviato solo nei giorni scorsi per definire le misure del rientro in sicurezza tra mascherine, sanificazioni e misurazioni della temperatura (Il Quotidiano degli eniti locali e della Pa del 19 giugno). Negli obiettivi di Funzione pubblica, in ogni caso, non c’è un ritorno alla Pa pre-Covid, ma una spinta strutturale al lavoro agile che secondo gli obiettivi più ambiziosi dovrà riguardare fino a metà delle attività per le quali la presenza non è strettamente indispensabili. Ma per disegnare un cambio di rotta del genere serve tempo e una revisione organizzativa profonda: e la proroga in arrivo, almeno nelle intenzioni, sarebbe un ponte utile a questo scopo.

Sempre sul capitolo lavoro sono in arrivo altri correttivi al decretone sui quali da giorni sta lavorando la maggioranza. A cominciare da quello sui contratti di rete di solidarietà per favorire il mantenimento dell’occupazione nelle aziende in crisi, previsto da un emendamento di Iv su cui i relatori hanno annunciato una riformulazione per favorirne il via libera. Che si annuncia probabile, anche su alcuni ritocchi sostanzialmente bipartisan che puntano a sostenere le società cooperative costituite da lavoratori provenienti da aziende in crisi.

Un mini-restyling che potrebbe diventare più ampio se il Governo inserirà, come è ormai certo, l’ultimo Dl sulla Cig direttamente nel decretone anti-crisi. Secondo l’ultima tabella di marcia abbozzata in Commissione, con cui è stato tra l’altro già rinviato al 29 giugno l’approdo in Aula del testo, la decisione dovrebbe essere formalizzata entro questa sera con una sorta di emendamento omnibus dell’esecutivo, anche se non è da escludere un nuovo slittamento. Anche perché, essendo stata ormai accantonata l’opzione delle tre letture parlamentari, la Camera potrà dilatare i tempi di discussione. Un prolungamento d’istruttoria che dovrebbe permettere alla maggioranza di arrivare a quella quadratura del cerchio non ancora trovata. La dote non superiore agli 800 milioni per le modifiche rende ardua la soluzione delle tante questioni rimaste in sospeso: anzitutto l’estensione del Superbonus anche a seconde case e alberghi e gli aiuti per turismo, enti territoriali e professionisti. Ma la maggioranza cerca una sintesi anche su altri temi delicati come i ristori a fondo perduto per le imprese, il bonus affitti e il sostegno al settore auto. Mentre l’opposizione intensifica il suo pressing sollecitando il rinvio di un anno del tetto sul contante a 2mila euro, l’uso del Mes per tagliare l’Irap e la pubblicazione on-line delle richieste di prestito erogate dagli istituti di credito. Tutte richieste che sono state bocciate dalla Commissione, ma la partita è appena iniziata.

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