Personale

Sul tetto al fondo accessorio bisogna riaprire il contratto nazionale

di Vincenzo Giannotti

La Corte dei conti (delibera 99/2018 della sezione Puglia, su cui si veda Il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 9 luglio)  ha giudicato priva di valore operativo la dichiarazione congiunta numero 5 del contratto nazionale 2016-2018 delle Funzioni locali. L’indicazione dei magistrati contabili va vista però insieme alla posizione del ministero dell’Economia, per concludere che è necessario un intervento per riaprire la contrattazione e modificare la clausola contrattuale.

La posizione dell’Economia
Prima della sottoscrizione definitiva del contratto, ossia già prima dell'inserimento della dichiarazione congiunta, la circolare sul conto annuale (circolare 18/2018; Quotidiano degli enti locali e della Pa del 24 maggio) ha obbligato gli enti a intervenire sulla correzione della tabella 15 (costituzione del fondo delle risorse decentrate) per modificare gli importi inseriti nel 2016 e nel 2017 se prima della trasmissione del conto annuale fosse intervenuta la sottoscrizione definitiva del contratto, avvenuta in effetti il giorno prima della stessa circolare. Secondo la circolare, le modifiche si rendono necessarie in quanto gli incrementi stipendiali previsti dal contratto «determinano una modifica del costo dei differenziali stipendiali a valere sugli oneri del contratto collettivo nazionale», ipotesi questa ricadente nella lettera b) dell'articolo 67, comma 2, del contratto nazionale 2016-2018. La stessa Corte dei conti a sezioni riunite (delibera 6/2018), nella certificazione positiva del contratto, non ha mosso rilievi sulla lettera b) della dichiarazione congiunta n.5, prendendo solo atto della lettera a), riferita agli 83,20 euro annui del personale presente al 31 dicembre 2015 che avrebbe comportato un incremento del fondo integrativo da inserire nel 2019 senza che questi rilevasse all'interno dei limiti di crescita dei fondi previsti dalla normativa vigente.

Il valore della dichiarazione congiunta
Sul valore giuridico delle dichiarazioni congiunte, inserite nei contratti decentrati, i giudici di legittimità hanno da tempo evidenziato che i canoni legali di ermeneutica contrattuale sono governati da un principio di gerarchia, in forza del quale quelli strettamente interpretativi (articoli 1362 e 1365 del Codice civile) prevalgono su quelli interpretativi - integrativi (articoli 1366 e 1371 del Codice civile) se la loro concreta applicazione sia da sola sufficiente a rendere pienamente conto della comune intenzione delle parti. Nell'ambito dei canoni strettamente interpretativi è poi prioritario il criterio fondato sul significato letterale delle parole (articolo 1632, comma 1 del Codice civile), con la conseguenza che questo può in alcuni casi orientare in maniera conclusiva, da solo, l'operazione ermeneutica (Cassazione, sentenza 20428/2010). Proprio a fronte di queste indicazioni i giudici contabili pugliesi hanno precisato che l’articolo .67, comma 7, del nuovo contratto nazionale, classificandosi quale parte normativa, non può essere derogata da una dichiarazione congiunta che non ha la stessa forza normativa, e che una diversa interpretazione sarebbe nulla in quanto in violazione di una norma imperativa come l’articolo 23, comma 2 del Dlgs 75/2017). Ciò comporta che sia la lettera a) che la lettera b), che la dichiarazione congiunta tenta di porre al di fuori dei limiti di crescita del salario accessorio, non potrebbe in ogni caso far superare il fondo delle risorse integrative se non attraverso una riduzione del correlato importo delle posizioni organizzative, l'unico espressamente previsto dal contratto e dalle stesse disposizioni dell’articolo 23, comma 2.

Le conseguenze
Precisata la cornice di riferimento, le disposizioni della circolare del Mef sul conto annuale avrebbero potenzialmente condotto gli enti a un incremento delle risorse da iscrivere nel fondi del 2017, rispetto a quelle inserite nell'anno 2016, in presunta violazione di legge con potenziale rischio di recupero se accertata la nullità della dichiarazione congiunta. La situazione andrà chiarita dal Mef per evitare il rischio che gli enti locali si trovino, oltre al danno dovuto dal riassorbimento nel 2018 e 2019 delle risorse indicate nella dichiarazione congiunta 5 da includere nei fondi, anche la beffa di dover procedere al recupero del differenziale di incremento dell'anno 2017 rispetto a quello del 2016 non consentito da norma imperativa. Se Aran e sindacati non intervengono nuovamente con una riapertura delle trattative per modificare l’articolo 67, comma 7, il problema non potrà trovare soluzione positiva. È difficile infatti che possa intervenire la sezione delle Autonomie su un’interpretazione che, come indicato dai giudici pugliesi, non può estendere ciò che il dato normativo ha indicato con precisione. Il problema riguarda anche gli altri comparti, essendo stati regolati tutti con i chiarimenti inseriti nelle dichiarazioni congiunte.

La circolare 18/2018 della Ragioneria generale dello Stato sul conto annuale del personale

La delibera 99/2018 della Corte dei conti, sezione di controllo per la Puglia

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