Personale

Sostegno scolastico, la disciplina applicabile ai docenti non si estende agli educatori di asili nido

di Andrea Alberto Moramarco

Le disposizioni contrattuali sul personale docente delle scuole non sono automaticamente applicabili anche al personale educativo che svolga attività di assistenza ad alunni con handicap. Le mansioni svolte dagli educatori, infatti, non costituiscono attività scolastica, sia integrativa che di doposcuola. Pertanto, tra docenti ed educatori sussiste una diversità di funzioni che non consente alcuna assimilabilità della disciplina giuridica loro applicabile. È quanto si legge dalla sentenza della sezione lavoro della Corte di cassazione n. 15301/2018, depositata ieri.

Il caso
Al centro della vicenda vi sono due educatrici di un asilo nido di un Comune emiliano che per circa tre anni erano state adibite per disposizione del Comune ad «attività di sostegno di bambini con difficoltà portatori di handicap mentali e fisici all'interno di scuole statali site nel comprensorio del Comune», a supporto delle insegnanti statali, anche di sostegno, «con funzioni di aiuto/guida e socio/educative». Le due educatrici, in seguito, citavano in giudizio l'ente locale per ottenere il riconoscimento delle differenze retributive, in ragione di una sostanziale assimilazione tra il loro compito e quello svolto dai docenti. Se per il Tribunale l’assimilazione era nei fatti, per i giudici d'appello non vi era alcuna attinenza o coincidenza tra le mansioni previste dalla legge 517/1977 per la figura professionale del docente, quand'anche assegnato ad alunni con specifiche difficoltà di apprendimento, e quelle svolte dalle due educatrici, semplicemente impiegate dal proprio datore di lavoro a coadiuvare le docenti di sostegno nelle scuole site nel comprensorio comunale.

La decisione
La questione è arrivata poi in Cassazione dove i giudici di legittimità hanno confermano la tesi della corte di merito spiegando le ragioni normative della non equiparabilità tra docenti e istruttori educativi, attraverso l'interpretazione degli articoli 32-bis e 33 del contratto Regioni e enti locali del 2000, nonché dell'articolo 7 del contratto biennio economico 2000-2001, invocati dalle ricorrenti a sostegno della propria tesi. I giudici di legittimità sottolineano che con queste disposizioni non si è voluto applicare la disciplina giuridica ed economica dei docenti anche a coloro che sono utilizzati in attività di sostegno presso le varie istituzioni scolastiche, statali o comunali. Le norme, cioè, hanno come destinatari solo i docenti, «categoria che ha precipui compiti che si differenziano da quelli dell'educatore». Le due figure lavorative, afferma la Corte, hanno funzioni molto diverse, messe in evidenza proprio dalla disciplina a favore delle persone con disabilità. Difatti, l'articolo 13 della legge 104/1992 stabilisce in relazione alle scuole di ogni ordine e grado, l'obbligo per gli enti locali di fornire l'assistenza per alunni con handicap, «oltre a prevedere una distinta attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati». E i Comuni, in base all'articolo 139 del Dlgs 112/1998, hanno poi specifica competenza per i servizi di supporto organizzativo per gli alunni con handicap o in situazione di svantaggio. Da tutto ciò pare evidente, chiosa il Collegio, che «l'attività educativa prestata dal personale comunale (nella specie istruttore educativo) presso le scuole statali per il sostegno agli alunni con handicap si affianca alla attività di docenza per una piena integrazione scolastica della persona disabile, garantendo una piena integrazione per il diritto all'istruzione, e non costituisce attività ulteriore, sia scolastica integrativa che di doposcuola». Queste attività rappresentano cioè un «quid pluris rispetto alla prestazione scolastica ordinaria», non in grado di modificare il regime giuridico applicabile agli educatori.

La sentenza della Corte di cassazione n. 15301/2018

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