Personale

Nuova performance condivia, accanto agli Oiv i professionisti della comunicazione

di Sergio Talamo

Il cittadino è ormai al centro delle leggi, ma non ancora della vita quotidiana delle pa. Secondo la recente Riforma, è l’utente il perno dell’erogazione dei servizi, e fra le sue prerogative spiccano la fruibilità effettiva dei servizi on line, la tracciabilità delle sue pratiche, la possibilità di esprimere insoddisfazione e fare proposte migliorative. Un set di diritti che parte da quello più elementare, ricevere le comunicazioni della Pa per via informatica, ed infatti sarà pronta entro l’estate la piattaforma elimina-raccomandate elaborata da Infocamere per Agid, che dovrà gestire le caselle Pec presso cui le Pa recapiteranno i propri atti. Il cittadino è poi il protagonista della Trasparenza totale del decreto 97/2016, cioè dell’accesso senza bisogno di motivazione o legittimazione a qualsiasi atto o documento detenuto dalla Pa. E’ inoltre titolato a intervenire sulla misurazione e la gestione della performance, un passaggio cruciale per la qualità della prestazione pubblica perché ne disegna annualmente la strategia. In sintesi, il “cliente” viene autorizzato non solo a valutare la politica dell’ “azienda” ma anche ad intervenire attivamente per reindirizzarla.

Le novità
Vediamo in sintesi quali sono le potenzialità di quest’ultima novità, anch’essa introdotta di recente (Dlgs 74 del 25 maggio 2017, che riforma il Dlgs 150/2009, in attuazione della delega contenuta nella 124/2015, con successive linee guida emanate dal Ministero Pa). I soggetti attuatori della nuova fase dovrebbero essere gli Oiv, gli Organismi indipendenti di valutazione, il cui potere si allarga dalle funzioni di controllo sulle Pa al dialogo diretto con i cittadini. Un ruolo che viene sancito in modo esplicito anche sul sito della Funzione Pubblica, dove si parla di organi che offrono al cittadino “una via d’accesso unica per consultare i dati pubblicati dalle amministrazioni, verificarne il livello di trasparenza e il raggiungimento degli obiettivi di performance dichiarati”. E questi sono i passaggi più significativi del nuovo articolo 19-bis del decreto 150: “I cittadini, anche in forma associata, partecipano al processo di misurazione della performance organizzativa, anche comunicando direttamente all’Organismo indipendente di valutazione il proprio grado di soddisfazione per le attività e per i servizi erogati, secondo le modalità stabilite dallo stesso Organismo. Ciascuna amministrazione adotta sistemi di rilevazione del grado di soddisfazione degli utenti e dei cittadini in relazione alle attività e ai servizi erogati, favorendo ogni più ampia forma di partecipazione e collaborazione dei destinatari dei servizi... I risultati della rilevazione del grado di soddisfazione... sono pubblicati, con cadenza annuale, sul sito dell'amministrazione...”. Un meccanismo ribadito e irrobustito dalle linee guida emanate dal Ministero Pa a seguito del Dlgs 74, dove si sottolinea che “il piano deve acquisire la sua funzione di strumento di pianificazione e programmazione e perdere quella di adempimento burocratico”. Va evidenziato il nuovo concept della performance. Da una parte legge e linee guida mirano a renderlo non più separato dai reali processi decisionali (necessaria la “verifica di coerenza fra risorse e obiettivi”) e condiviso fra funzionari e dirigenti; dall’altro si vira decisamente verso l’accountability come leva della concreta incidenza sulle policy pubbliche. L’obiettivo è infatti “comunicare anche all’esterno, ai propri portatori di interesse (stakeholder), priorità e risultati attesi”. Del resto, il “controllo civico diffuso”, teso a migliorare la qualità dei servizi, è uno dei cardini della Riforma.

La condivisione civica delle performance
Da questo rapido riepilogo appare chiaro che per favorire il modello dell’Amministrazione partecipata va resa effettiva la condivisione civica delle performance. Nel III Forum degli Oiv tenutosi a Milano lo scorso maggio, è emerso proprio questo importante paradosso: la valutazione non appartiene ai valutatori, ma è un “bene comune”. Anzi, il rischio principale di questa funzione manageriale della Pa, tanto centrale quanto spesso trascurata, è di trasformarsi in un ennesimo recinto da “addetti ai lavori”. In campo pubblico, del resto, il paradigma degli specialismi è sempre un’arma a doppio taglio: apparentemente protegge e rassicura, favorendo la creazione di comunità che creano scambi e un linguaggio condiviso se non gergale. In realtà, l’insistenza sul proprio ruolo può diventare una gabbia. Per queste ragioni, il Forum milanese si è molto avvantaggiato dell’approccio multidisciplinare scelto.
La pluralità di voci e di esperienze professionali ha messo in risalto, insieme ai tanti problemi operativi e gestionali, almeno tre asset:
a) la valutazione delle prestazioni è la spina dorsale di tutta le Riforma Pa;
b) tale valutazione va fatta con il cittadino-utente, altrimenti ricade nell’adempimento sterile;
c) il piano della performance può/deve essere il perno di tutta la programmazione pubblica.
Come corollario di queste indicazioni, è emerso un criterio di lavoro che mira a ridurre il rischio di isolamento sopra segnalato: il “team building”. Ad esempio, il direttore generale della Giunta regionale toscana, Antonio Barretta, ha descritto il suo lavoro come una continua, paziente, mirata demolizione di “steccati”. Un processo che costruisce valore condiviso con la platea di utenti interni, valorizza le eccellenze e ottimizza la prestazione pubblica. E i dirigenti della Funzione Pubblica Laura Massoli e Luca Cellesi hanno insistito sui caratteri di “flessibilità e personalizzazione” che deve assumere la nuova normativa, che si cerca di favorire con un’intensa attività laboratoriale.

Il “Cittadino valutatore”
Nel Forum si è parlato di vari temi, fra cui l’integrazione fra valutazione, informatica e controllo di gestione e il rapporto fra risorse ed effettive utilità realizzate. In questa sede rileva, in particolare, l’analisi del “Cittadino valutatore”, oggetto di un confronto condotto da Bruno Susio, presidente dell’Oiv del Comune di Roma. Il ruolo del cittadino-utente resta la vera incognita delle nuove policy. Qual è il suo reale ruolo della valutazione?
Questi i principali ostacoli individuati:
a) la tendenza ad effettuare controlli solo formali, magari per adempiere alle scadenze Anac, eludendo così la “complessità” del coinvolgimento e del monitoraggio civico;
b) la separazione dei processi e delle pianificazioni previste dalle norme (anticorruzione, trasparenza, digitale, comunicazione ecc);
c) l’assenza di un “benchmarking” riconosciuto o perlomeno di parametri di riferimento.
In generale, si è rilevato il punto che per certi versi riassume tutti gli altri: gli organi di controllo e di sviluppo tecnologico della Pa sono di fatto tutti isolati: gli Oiv, i Responsabili anticorruzione (Rpct, quasi sempre purtroppo coincidenti con quelli Trasparenza), ma anche i manager del digitale e le figure della comunicazione previste dalla antiquata legge 150/2000. E lo stesso percorso sembra profilarsi per i Dpo – Data Protection Officer - introdotti dal nuovo Regolamento privacy.

Affidare la comunicazione ai comunicatori
Un passo fondamentale resta quello di operare per affidare le comunicazione ai comunicatori, o meglio alle nuove figure del giornalismo pubblico che si stanno affermando anche nei nuovi profili dei contratti del pubblico impiego. Gli Oiv, gli uffici anticorruzione e trasparenza e gli help desk della trasparenza sono infatti quasi sempre composti di giuristi, esperti di finanza pubblico o informatici. Si deve pensare, almeno in questa prima fase, ad un lavoro comune, secondo, appunto, un criterio di “team building” guidato da una buona dose di innovazione organizzativa.
Solo sul punto della valutazione della performance, i passaggi indicati sono chiaramente ispirati dalla “trasparenza comunicativa”:
a) “il conseguimento di obiettivi collegati ai bisogni e alle aspettative della collettività”;
b) “la rilevazione del grado di soddisfazione dei destinatari delle attività e dei servizi”;
c) “lo sviluppo quantitativo e quantitativo delle relazioni con i cittadini, i soggetti interessati, gli utenti e i destinatari dei servizi”;
d) “la qualità e la quantità delle prestazioni e dei servizi erogati”.
Senza tecniche comunicative avanzate e gestite da professionisti, come ad esempio l’uso professionale dei social e delle chat e le piattaforme open - si veda il “pasocialday” realizzato il 6 giugno scorso in contemporanea in 17 città - la partecipazione del cittadino resterà uno dei tanti diritti astratti sepolti dall’effetto-annuncio.

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