Personale

Rilevanza nazionale al sindacato che tratta con l'Aran

di Paola Rossi

È legittimato ad agire giudizialmente contro la condotta antisindacale del datore di lavoro pubblico la rappresentanza sindacale cui l'Aran abbia riconosciuto rilevanza nazionale. Con la pronuncia n. 14402, del 5 giugno, la Corte di cassazione ha chiarito che nel pubblico impiego, l'azionabilità della tutela prevista dall'articolo 28 dello Statuto dei lavoratori è riservata, non solo alle confederazioni, ma a tutti i sindacati che abbiano avuto la 'forza' - e quindi la rappresentatività - per essere firmatari di accordi e contratti collettivi nazionali. Dato determinante, riconosciuto pure dal giudice di merito anche senza valorizzarlo, è che l'organizzazione sindacale sia stata convenuta dall'Aran in base all'articolo 43 del Dlgs 165/2001.

La vicenda processuale - La Corte di cassazione smentisce il ragionamento dei giudici di merito che negavano la rilevanza nazionale pur avendo preso atto che il sindacato che intendeva ricorrere contro l’Agenzia del demanio aveva firmato un contratto collettivo nazionale delle Agenzie fiscali. La vicenda prende le mosse da una decina di trasferimenti di dipendenti del Demanio - per mobilità in soprannumero - verso la segreteria delle Commissioni tributarie del Mef. In particolare, l’organizzazione lamentava la mancata richiesta del nulla osta preventivo prima di procedere al trasferimento di uno dei dipendenti pubblici, che era anche proprio rappresentante. Avverso tale trasferimento l’organizzazione sindacale era ricorsa al tribunale che aveva definito «improponibile» la domanda in base all’articolo 28 della legge 300/1970 per carenza di legittimazione ad agire. Nella sua domanda il sindacato faceva rilevare anche l’assenza di quella attività informativa e consultiva sindacale da parte dell’Agenzia in occasione dei dieci trasferimenti, in violazione dell’articolo 6 del Ccnl vigente. I giudici di appello hanno anch’essi respinto la domanda sulla base della carente legittimazione argomentando che la firma di un contratto collettivo «può costituire prova tipica, ma non esclusiva del requisito della nazionalità del Sindacato». Un ragionamento considerato illogico dalla Cassazione. Soprattutto per aver tralasciato la circostanza delle due firme apposte dal sindacato in questione: un contratto di rilievo nazionale afferente le agenzie fiscali e un accordo quadro su permessi, distacchi e prerogative sindacali.

Il principio - Per la Cassazione non si poteva sottovalutare il dato che il sindacato ricorrente era stato convocato al tavolo delle trattative dall’Aran in base all’articolo 43 del Dlgs 165 (l’Aran ammette alla contrattazione collettiva nazionale le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto o nell'area una rappresentatività non inferiore al 5 per cento, considerando a tal fine la media tra il dato associativo e il dato elettorale). Tale dato è sufficiente ha fornire il carattere nazionale dell’organizzazione che rappresenta i lavoratori del comparto pubblico.

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