Personale

Falsa timbratura del cartellino, dipendente in obbligo con la Pa anche senza condanna penale

di Domenico Irollo

Il dipendente pubblico che attesti falsamente la propria presenza in servizio deve risarcire alla propria amministrazione il danno all'immagine, a prescindere dalla condanna in sede penale. A chiarirlo la Corte dei Conti della Sardegna con la sentenza n. 111/2018 (si veda anche il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 5 giugno).

Il caso
La vertenza riguardava un episodio di assenteismo ingiustificato nella Pa. L’autista di ambulanze presso un ospedale barese, in occasione di turni in orario notturno, aveva più volte timbrato il cartellino all'ingresso allontanandosi subito, senza autorizzazione, salvo far ritorno sul posto di lavoro l'indomani mattina solo per timbrare in uscita.
L'uomo veniva chiamato a rispondere del delitto di truffa ai danni di ente pubblico nonché di quello concorrente che punisce con la reclusione da uno o a cinque anni e con la multa da 400 a 1.600 euro, il lavoratore dipendente di una Pa che attesta falsamente la propria presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente. Parallelamente, la Procura regionale della Corte dei Conti lo condannava a risarcire l'Amministrazione per le retribuzioni indebitamente percepite nonché il danno all'immagine provocato alla stessa Pa con la propria condotta illecita. Il convenuto contrastava la posta di danno relativa al danno all'immagine, obiettando che i fatti non avevano ancora formato oggetto di definitivo accertamento penale.

La decisione
La tesi difensiva è stata tuttavia bocciata dai giudici contabili isolani che hanno rimarcato come l’articolo 55-quinquies del Dlgs 165/2001, al comma 2 preveda una fattispecie eccezionale di risarcibilità del danno all'immagine a carico del dipendente assenteista che deroga alla norma generale dettata a suo tempo dall'articolo 17, comma 30-ter, del Dl 78/2009 (lodo Bernardo). Quest'ultima disposizione subordinava, di regola, il promovimento dell'azione risarcitoria per il danno all'immagine a una sentenza penale definitiva di condanna per uno dei reati propri del pubblico ufficiale contro la Pa inseriti nel capo I, titolo II del libro II del codice penale. Accanto a questa regola generale, il Legislatore ha però introdotto nel tempo alcune ipotesi speciali sganciate da condanne penali, proprio come quella dell'articolo 55-quinquies, comma 2, in esame, in forza della quale il lavoratore dipendente che attesti falsamente la propria presenza in servizio è tenuto a risarcire il danno all'immagine, senza richiedere un pronunciamento penale definitivo (altre ipotesi speciali sono quelle dell'articolo 1, comma 12, della legge 190/2012, a carico del responsabile della prevenzione della corruzione, e dell'articolo 46, comma 1, del Dlgs 33/2013 collegata alla violazione degli obblighi di pubblicazione e delle prescrizioni in materia di accesso civico).
Peraltro, anche dopo l'entrata in vigore, il 7 ottobre 2016, del codice di giustizia contabile (Dlgs 174/2016) si ritiene sia tuttora indispensabile, come regola generale, una condanna penale irrevocabile, con l'importante differenza però che adesso, ai fini della risarcibilità del danno all'immagine, è sufficiente che detta condanna abbia a oggetto un qualsiasi delitto commesso da pubblici dipendenti in danno della Pa, senza più limitazione tipologica.

La sentenza della Corte dei conti Sardegna n. 111/2018

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©