Personale

Sanzione «patteggiata» su richiesta

La novità disciplinare più importante portata dai contratti del pubblico impiego è la «definizione concordata» della sanzione, in pratica una sorta di patteggiamento che permette al dipendente pubblico “reo confesso” di spuntare dall’ufficio disciplinare una sanzione più leggera. L’accordo non può cambiare la natura della sanzione, nel senso che un licenziamento non si può trasformare in una sospensione, e la sospensione non può diventare un richiamo scritto. Ma può alleggerirne il peso, per esempio riducendo il periodo di stop che lascia il dipendente senza lavoro e stipendio.
L’entrata in vigore del nuovo meccanismo cambia da comparto a comparto, perché si applica dal giorno successivo alla sottoscrizione definitiva, già avvenuta solo per la Pa statale. Ma non tutto il Codice disciplinare segue lo stesso calendario.

L’incrocio con i vecchi contratti
In fatto di «responsabilità disciplinare», i nuovi testi incrociano la conferma di aspetti già contenuti nei precedenti contratti, il recepimento di norme di legge nel frattempo emanate e una serie di novità assolute. La distinzione ha una sua rilevanza pratica, perché cambia le le decorrenze con le quali si possono applicare le diverse previsioni contrattuali.
Alla prima categoria, quella delle conferme, rimandano per esempio i criteri generali usati per determinare il tipo e l’entità della sanzione, criteri come l’intenzionalità del comportamento, la rilevanza degli obblighi violati oppure la responsabilità connessa al ruolo rivestito. È evidente che per queste norme non si pongono problemi circa l’entrata in vigore, in quanto sono in perfetta in continuità con il passato.
La seconda categoria è rappresentata da leggi che ora vengono fatti propri dal contratti. Si tratta, in pratica, delle misure anti-assenteismo. Il tema è caro al legislatore, e già la riforma Brunetta del 2009 aveva inserito nel testo unico del pubblico impiego alcune ipotesi di licenziamento. Sono nella memoria di tutti i cartellini timbrati per conto di colleghi oppure l’esplosione delle malattie nelle vicinanze dei festivi.
Su questi aspetti è tornata anche la ministra Madia, con il cosiddetto licenziamento sprint, che deve espellere dalla Pa in 30 giorni il dipendente scorretto e colto in flagrante. Anche in questo caso, nessun dubbio sorge sul calendario di applicazione delle sanzioni: a monte c’è una legge in vigore da tempo, e i contratti nazionali non fanno altro che richiamarla.

Le novità assolute
Più complicato è il quadro delle disposizioni che vedono per la prima volta la loro apparizione nel contratto collettivo di lavoro. Alcune in verità appaiono decisamente ridondanti agli occhi della maggior parte dei dipendenti pubblici, che si comportano correttamente. Ne è un esempio l’elenco degli obblighi al cui rispetto è chiamato il lavoratore, fra i quali osservare l’orario di lavoro, facilitare la ripresa del servizio in caso di malattia o infortunio, usare con cura gli strumenti a disposizione. Più interessanti sono le novità sulle sanzioni. Vengono disciplinati quei casi non gravi, nei quali, al contrario, la legge impone il licenziamento se comportano conseguenze pesanti. Ad esempio si può pensare ad un’assenza ingiustificata dal servizio di brevissima durata, a piccoli atti lesivi della dignità della persona o lievissime minacce ad altri dipendenti o terzi. Per la determinazione della sanzione, in questi casi, il contratto prevede la pubblicazione del codice disciplinare entro 15 giorni dalla sottoscrizione definitiva e la relativa applicazione dal 15esimo giorno successivo alla data di pubblicazione. In sostanza, una decorrenza che varia da amministrazione ad amministrazione.

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