Personale

Dipendente infedele, danno da disservizio calcolato sui costi del personale che ha svolto gli accertamenti

di Giuseppe Nucci

La vicenda riguardante l’illecito impossessamento di denaro pubblico da parte di un dipendente riveste particolare interesse perché il danno erariale addebitato non è stato circoscritto a quello patrimoniale diretto (il denaro sottratto all’Ente) ma è stato esteso al danno da disservizio, valutato in base alle retribuzioni dei dirigenti impiegati nella Commissione di disciplina e correlato al tempo dedicato agli accertamenti svolti.
È questo il principio affermato dalla sentenza n. 11/2018 della Corte dei conti, sezione per le Marche.

Il fatto
A seguito di un’indagine interna era emerso che il responsabile del Settore utenza dell'Ente regionale per l'abitazione pubblica (Erap) si era impossessato indebitamente di un ingente quantitativo di denaro, riscuotendo somme di denaro dovute dall’utenza in occasione della stipula dei nuovi contratti di locazione che poi ometteva di riversare nelle casse dell’Ente.
Il funzionario – dopo aver ammesso le proprie responsabilità - veniva prima sottoposto a procedimento disciplinare, che si concludeva con il licenziamento senza preavviso, e poi citato dalla Procura erariale per un danno patrimoniale diretto quantificato in € 81.861,20 e per un «danno da disservizio» quantificato in € 19.000, correlato ai costi corrispondenti a «quella parte della retribuzione corrisposta ai dipendenti dell’Ente danneggiato che sono stati distolti dalle mansioni loro proprie per essere adibiti, seppur temporaneamente, ad attività diverse rispetto a quelle ordinariamente svolte e per i quali sono retribuiti, consistenti nell’accertamento dell’ammanco subito e nella ricostruzione delle modalità attraverso cui il dipendente infedele si era impossessato indebitamente di significative somme di denaro di spettanza dell’Ente».

La sentenza
La Sezione Marche, sulla base delle risultanze e delle stesse ammissioni di colpevolezza, accoglieva la domanda attorea.
Circa la prima posta di danno, quello patrimoniale diretto, veniva complessivamente quantificato in € 116.216,02, sulla base di adeguati riscontri documentali riferiti a 37 inquilini.
In relazione al danno da disservizio, il Giudice contabile sottolineava che esso costituisce un istituto (elaborato già da alcuni anni dalla giurisprudenza della Corte dei conti) i cui approdi sono efficacemente sintetizzati nella sentenza della Sezione I di appello n. 253 del 2014 nei seguenti termini: «consiste nell’effetto dannoso causato all’organizzazione e allo svolgimento dell’attività amministrativa dal comportamento illecito di un dipendente (o amministratore), che abbia impedito il conseguimento della attesa legalità dell’azione pubblica e abbia causato inefficacia o inefficienza di tale azione. In altri termini, può sussistere il danno da disservizio allorché l’azione non raggiunge, sotto il profilo qualitativo, quelle utilità ordinariamente ritraibili dall’impiego di determinate risorse, così da determinare uno spreco delle stesse: si tratta, quindi, di un pregiudizio effettivo, concreto ed attuale, che coincide con il maggiore costo del servizio, nella misura in cui questo si riveli inutile per l’utenza». 

Conclusioni
Indubbiamente, nella fattispecie all’esame – secondo il Collegio - sussisteva l’invocato danno da disservizio, in quanto l’Amministrazione aveva dovuto distogliere energie lavorative dal perseguimento degli ordinari fini istituzionali dell’Ente diretti al soddisfacimento degli utenti, per ricostruire il complesso quadro dei comportamenti illeciti e dei mancati introiti conseguiti, e per informare e tenere rapporti con le Forze di Polizia delegate alle indagini.
Circa la quantificazione è stato accolto il criterio dell’organo requirente che aveva posto alla base del proprio calcolo la retribuzione media annua lorda di un dirigente - prevista dalla contrattazione collettiva nazionale di comparto - ed aveva determinato il tempo presuntivamente impiegato in tale attività, da ciascun ciascuno dei due dirigenti impegnati, in dieci giorni al mese per tre mesi (giungendo quindi a calcolare il costo di un mese per ciascun dirigente), secondo un calcolo presuntivo del tempo ispirato a criteri prudenziali, considerato che tra l’istituzione della Commissione ed il termine dei suoi lavori erano trascorsi circa 6 mesi. Sulla base dei suddetti presupposti, il Giudice determinava il danno da disservizio in 19.292,83 euro.

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