Personale

Retribuzione adeguata alle mansioni svolte anche nel contratto di formazione e lavoro

di Federico Gavioli

Il lavoratore del pubblico impiego assunto con un contratto di formazione e lavoro e poi adibito a mansioni differenti rispetto a quelle previste ha diritto a un trattamento retributivo differente; è quanto affermato dalla Cassazione con la sentenza n. 157/2018.

La vicenda
La Corte d’Appello aveva parzialmente accolto l'impugnazione proposta dall'Inps avverso la sentenza del Tribunale che aveva condannato l'ente a corrispondere al collaboratore le differenze retributive, maturate dal dicembre 2003, fra il trattamento economico di area C, posizione economica C1, spettante in relazione alle mansioni svolte di fatto, e le somme corrisposte in base a quanto stabilito nel contratto di formazione e lavoro del novembre 2002, rinnovato annualmente sino a dicembre 2007, con il quale era stato previsto l'inquadramento nell'area B, posizione economica B1, del C.C.N.L. per i dipendenti del comparto enti pubblici non economici.
Nel rilevare che il lavoratore ricorrente aveva evidenziato lo svolgimento di mansioni implicanti la professionalità propria dei dipendenti di area C, la Corte territoriale, tuttavia, ha evidenziato che il Tribunale non aveva considerato la natura del contratto stipulato dalle parti, convertito in rapporto di lavoro a tempo indeterminato solo a decorrere dal dicembre 2007, contratto che per sua natura non consentiva la possibilità di uno sviluppo professionale verso posizioni economiche superiori. I giudici del merito di secondo grado, quindi, hanno limitato la condanna alle differenze retributive maturate a far tempo dall’intervenuta conversione.

Il ricorso alla Cassazione
Avverso la sentenza parzialmente sfavorevole il lavoratore è ricorso in Cassazione.
Nell'analizzare il ricorso del lavoratore la Cassazione si pronuncia sull’applicabilità al contratto di formazione e lavoro della disciplina dettata dall'articolo 52, comma 5, del Dlgs 165/2001, nella parte in cui prevede che l'assegnazione del lavoratore a mansioni superiori, sebbene nulla per contrarietà a norma imperativa, legittima il lavoratore a richiedere la differenza fra il trattamento retributivo previsto per la qualifica corrispondente alle mansioni di fatto espletate e quello corrisposto secondo le previsioni del contratto di assunzione.
La Cassazione ritiene il ricorso fondato: la sentenza va cassata, con rinvio alla Corte territoriale che procederà a un nuovo esame attenendosi al principio di diritto «nell'impiego pubblico contrattualizzato, ai sensi del combinato disposto degli a rticoli 36, del Dlgs 165/2001 (nel testo antecedente alle modifiche apportate dalla legge 244/2007) e dell'articolo 3, comma 5, del Dl 726/1984, qualora il lavoratore assunto con contratto di formazione e lavoro venga assegnato a mansioni diverse e superiori rispetto a quelle indicate nel contratto, ferma la nullità dell'assegnazione, trova applicazione l'articolo 52, comma 5, dello stesso Dlgs, sicché il lavoratore avrà diritto a percepire il trattamento retributivo fondamentale previsto dal contratto collettivo per la qualifica corrispondente alla prestazione resa”.

La sentenza della Corte di cassazione n. 157/2018

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