Personale

Sul rinnovo dei contratti i tetti di spesa per i trattamenti accessori

di Tiziano Grandelli e Mirco Zamberlan

Tempi di rinnovo dei contratti collettivi e per gli enti locali arrivano gioie e dolori. Le gioie sono rappresentate dalle tasche dei dipendenti, più pesanti, che sicuramente contribuiscono a rasserenare il clima all'interno delle organizzazioni (si veda il Quotidiano degli Enti locali e della Pa di ieri). I dolori possono essere di vario tipo.
La questione più problematica è rappresentata sicuramente dagli oneri che i bilanci dovranno sopportare e che potrebbero minare i relativi equilibri. Poi ci sono una serie di conseguenze che possono essere considerate di secondo piano ma che potrebbero portare non poche difficoltà nella gestione delle risorse umane. Il riferimento va al rapporto tra gli aumenti contrattuali e i vari vincoli in materia di contenimento dei costi dei dipendenti tuttora vigenti nel nostro ordinamento. Non è certo un fattore critico il rispetto del tetto alla spesa di personale di cui ai commi 557 e 562 dell'articolo 1 della legge 296/2006, in quanto la stessa norma prevede il confronto fra dati depurati dagli aumenti.

Trattamento accessorio
Un primo nodo, al contrario, è rappresentato dal vincolo al trattamento accessorio. Come si ricorderà, l'articolo 23, comma 2, del Dlgs 75/2017 impone che le somme destinate a queste quote di stipendio, a partire dal 2017, non possano superare il corrispondente importo determinato per il 2016. Ora, è ragionevole prevedere che il prossimo contratto collettivo destini una parte delle risorse a disposizione a incremento del fondo per il salario accessorio, considerato che il comma 1 dell’articolo 23 impone alla contrattazione questa destinazione al fine di conseguire la convergenza dei trattamenti economici accessori dei dipendenti pubblici. In assenza di norme che escludono gli incrementi contrattuali dei fondi dal blocco, si dovrebbe procedere con l'applicazione dell'aumento previsto dal Ccnl e, nel contempo, ridurre le risorse del salario accessorio di pari importo per riportarle all'ammontare del 2016, annullando, in pratica, la disposizione contrattuale.

Lavoro flessibile
Una seconda questione è rappresentata dal vincolo al lavoro flessibile previsto dal comma 28 dell'articolo 9 del Dl 78/2010, il quale impone, annualmente, il divieto di superare il 50% della spesa sostenuta a tale titolo nel 2009; percentuale che sale al 100% per gli enti virtuosi. Risultano evidenti anche in questo campo i problemi che comporta un limite fisso al 2009, confrontato con stipendi, che sono da prendere a base per l'utilizzo del plafond, in aumento. Concretamente, ciò comporta un minor numero di dipendenti assumibili ovvero lo stesso numero di dipendenti ma una durata del contratto più breve.

Personale a tempo indeterminato
Discorso del tutto analogo lo si può ripetere in tema di assunzioni di personale a tempo indeterminato. La capacità assunzionale si calcola, per l'anno corrente, partendo dalla spesa del personale cessato nel 2017, quando gli aumenti, se considerati, sono comunque esigui, mentre le nuove assunzioni sono effettuate nel 2018 o negli anni seguenti, periodo in cui si scontano gli incrementi contrattuali a regime. Anche in questo caso il tutto si traduce con minori possibilità di assunzione ovvero stesse assunzioni ma, in alcuni casi, si deve ricorrere al part time.

Lavoro straordinario
Certe, al contrario, sono le conseguenze sul fondo del lavoro straordinario. Anche in questo caso il limite del relativo fondo risale alla notte dei tempi, mentre l'incremento di stipendio base comporta un aumento del costo di un'ora di straordinario. In sostanza, quindi, si avranno meno ore a disposizione.
Risulta evidente che alcuni di questi effetti non sono mai stati presi nella dovuta considerazione in quanto le norme che disciplinano i vari vincoli sono nate nel periodo di congelamento dei contratti collettivi. Saranno certamente investiti delle questioni gli interpreti istituzionali, i quali, si auspica, potranno esprimersi percorrendo la strada della omogeneizzazione dei dati da confrontare.

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