Personale

Trento lancia il patto generazionale con incentivo all’esodo

di Fabrizio Bonalda

Un colosso vecchio e consumato con un’età media che ha doppiato la boa dei 50 anni, composto da gente stufa, senza prospettiva e con un bassissimo tasso di giovani. Questo è l’impietoso e crudo quadro che emerge dai vari rapporti di “demografia pubblica”, che fotografano il timbrante popolo dei travet delle varie pubbliche amministrazioni dello Stivale.

Pubblica amministrazione sempre più vecchia
Il quadro che, in prospettiva e in assenza di interventi incisivi, è destinato a peggiorare, è il risultato della frettolosa riforma pensionistica Monti-Fornero introdotta con l’articolo 24 del Dl n. 201/2011. Riforma che, se da un lato ha rallentato il peggioramento dei conti previdenziali, dall’altro ha generato una serie di problematiche che interessano sia la sfera individuale dei lavoratori, trattenuti più a lungo in servizio, sia il sistema economico-sociale nel suo complesso, con particolare riferimento alla disoccupazione giovanile, mai così elevata, al venir meno delle attività di welfare familiare (assistenza, cura ecc.), svolta fino a qualche tempo fa dai lavoratori pensionati (ora e in prospettiva al lavoro) e alle varie inefficienze collegate alle prestazioni di una forza lavoro sempre più anziana e, quindi, meno motivata e più soggetta a problemi di salute (dopo i 60 e 65 anni i lavoratori sono mediamente interessati, rispettivamente, da una e due patologie). Dunque, si vive più a lungo, almeno secondo l’Istat e la Ragioneria generale dello Stato, ma non si invecchia sempre bene. Anche nel pubblico impiego, e forse ancora di più che in altri settori, serve allora uno sforzo coraggioso e innovativo per svecchiare concretamente il capitale umano e assumere giovani. E nelle varie puntate della riforma Madia di strumenti incisivi per aggredire il problema non se ne è vista neanche l’ombra.

Incentivo all’esodo in provincia di Trento
Proprio partendo da tali considerazioni obiettive, la Provincia autonoma di Trento, nell’ambito delle competenze esclusive riconosciute dallo Statuto di Autonomia che le consentono di modulare le proprie politiche del personale con molti più gradi di libertà, rispetto alle inconcludenti ed eterne riforme (alle quali si parla già di rimettere mano) di uno Stato centralista e non sempre attento alla valorizzazione delle specificità territoriali, è partita dall’esame concreto dei dati riguardanti la distribuzione dei propri dipendenti per classi di età, che indicano la necessità di intervenire al più presto: oltre il 53% con più di 50 anni, 4% con meno di 35 anni e assenza totale di under 25. Con l’obiettivo di favorire uno spinto ricambio generazionale a saldo finanziario nullo, è stata approvata una norma, l’articolo 17 della legge provinciale 29 dicembre 2017, n. 18 (legge di stabilità provinciale), di promozione, in via sperimentale, di misure volte a incentivare l’esodo del personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato che si dimette dal servizio anticipatamente rispetto alla data di conseguimento di un diritto a pensione (anticipata/vecchiaia). L’incentivo sarà disposto in misura percentuale della retribuzione lorda annua che sarebbe spettata dalla data di cessazione dal servizio alla data di maturazione del primo requisito di pensione. La fissazione delle condizioni, delle  modalità e dei criteri di attuazione, dei requisiti anagrafici o contributivi per beneficiare dell’incentivo, della misura del medesimo, sarà oggetto di un ulteriore provvedimento legislativo che potrebbe essere approvato, con tutta probabilità, nel corso del 2018, tenuto conto della necessità di effettuare un’analisi preventiva relativa all’impatto organizzativo, volta a strutturare i possibili travasi compensativi tra i settori che saranno più o meno interessati all’esodo.

Ipotesi attuativa 2018: requisiti
Tra le varie ipotesi sulle quali si sta al momento lavorando c’è quella di corrispondere l’incentivo al personale che si dimette volontariamente dal servizio a cui non manchino più di sette anni (come previsto nel settore del credito, ma non solo, dalla legge di stabilità 2017 - legge n. 232/2016) alla maturazione del primo requisito di pensione o che abbia un’età anagrafica non inferiore a 55-56 anni congiuntamente a un’anzianità contributiva ai fini pensionistici di almeno 35 anni. In relazione ai risultati di un presondaggio interno si valuteranno poi anche altre ipotesi con anticipo inferiore (5-2 anni). Il primo requisito riguarderà, soprattutto, coloro che, avendo iniziato a lavorare tardi o avendo dei vuoti contributivi, dovrebbero attendere almeno i 67 anni per la pensione di vecchiaia; il secondo, invece, i lavoratori che hanno cominciato in età giovane e hanno già maturato 35 anni di contributi (quindi anticipando, di fatto, di circa 7 anni rispetto ai requisiti della pensione anticipata). Ai fini del calcolo dei sette anni si considererà il requisito che viene maturato prima, tra quello richiesto per la pensione anticipata e quello per la vecchiaia. I requisiti pensionistici per la pensione anticipata e per quella di vecchiaia a cui si fa riferimento saranno quelli in vigore alla data di entrata in vigore della norma attuativa, con eventuale ricalcolo in caso di aumento dei requisiti medesimi durante il periodo di anticipo, dovuti, ad esempio, all’adeguamento alle variazioni dell’aspettativa di vita o a riforme.

Misura dell’incentivo
Per quanto concerne l’importo dell’indennità in questione, non utile ai fini del trattamento di fine rapporto, si ipotizza un 60-65% della retribuzione lorda che sarebbe spettata dalla data di cessazione alla data di maturazione del primo requisito di pensione. Tale somma consentirà la copertura del costo dell’eventuale contribuzione volontaria di coloro che opteranno per tale scelta che, evidentemente, si baserà su valutazioni soggettive riferite alla situazione economico-patrimoniale personale.

Profili finanziari/economie di spesa
La norma comporterà riduzioni di spesa direttamente proporzionali al numero dei dipendenti che vi aderiranno. Questo poiché i dipendenti in servizio percepiscono, oltre alla retribuzione base, anche quella accessoria, e la provincia paga gli oneri riflessi che ammontano a circa il 38%. L’incentivo all’esodo, invece, è calcolato sul 60% della retribuzione lorda, senza accessorio e senza oneri riflessi. In pratica, la spesa per l’incentivo all’esodo ammonta a circa il 40% di quanto costerebbe il dipendente se lavorasse fino alla pensione, senza considerare gli aumenti contrattuali ed eventuale carriera. Le economie di spesa saranno impiegate per l’assunzione, anche con contratti di formazione e lavoro, di nuove risorse con costi notevolmente inferiori rispetto al personale uscito, proseguendo con la linea del progetto “PAT4Young” (si veda il Quotidiano degli Enti locali & della Pa di ieri, 22 gennaio) che ha visto la recente assunzione di 42 giovani con contratto di formazione e lavoro.

Trattamento contributivo, pensionistico e previdenziale
In via generale, le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori non sono soggette a imposizione contributiva, a eccezione dell’indennità sostitutiva del preavviso e delle ferie non godute. In tale senso si vedano le circolari Inpdap 27 maggio 1998 n. 29 e 28 novembre 2000 n. 51 nonché la circolare Inps 24 dicembre 1997, n. 263. Con informativa 13 ottobre 2004, n. 11, l’Inpdap ha poi previsto che tali somme non possano neppure essere inserite nella base di calcolo dell’indennità premio servizio.

Trattamento fiscale
Le somme erogate per l’incentivo all’esodo sono imponibili per l’intera misura dell’importo corrisposto e con la stessa aliquota del Tfr. La tassazione ha comunque carattere provvisorio e l’imposta, entro 4 anni, viene riliquidata sulla base dell’aliquota media di tassazione dei 5 anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione.

Effetto “domino” nelle altre amministrazioni
Lo strumento progettato, ad avvenuta operatività di entrambe le norme, rappresenterà una novità assoluta nella panoramica della Pa italiana ed è possibile che altre amministrazioni, che hanno già manifestato interesse al riguardo, intraprenderanno questa strada. L’obiettivo di rinnovare il capitale umano della pubblica amministrazione dando, al contempo, una risposta al problema, quasi solamente italiano in ambito europeo, della disoccupazione giovanile, potrebbe disporre di un nuovo ed efficace strumento. Lo Stato, che al riguardo vanta già l’esperienza dell’“esonero Brunetta” (articolo 72 del Dl n. 112/2008), potrebbe proporre la stessa manovra per i propri dipendenti.

L’esempio concreto
Si ipotizzi un dipendente con uno stipendio lordo base (compresa tredicesima) di 33.500 euro che decida di anticipare l’uscita di 5 anni rispetto alla maturazione del requisito per la pensione anticipata. Il suo incentivo lordo sarà pari a 108.875 euro, e quello netto erogato (salva riliquidazione da parte dell’Agenzia delle Entrate) ammonterà a 83.833,75 euro [(33.500 x 0,65 x 5)-23%]. Se il dipendente fosse stato in servizio sarebbe costato all’amministrazione, compreso accessorio e oneri riflessi, circa 270mila euro. I 160mila euro di differenza potranno essere utilizzati per nuove assunzioni. Qualora l’ex-dipendente intenda versare la contribuzione volontaria per i 5 anni rimanenti alla maturazione del requisito, il costo complessivo ammonterà a circa 60mila euro.

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