Personale

La carenza di organico non salva dalla responsabilità per carico di lavoro eccessivo

di Aldo Monea

Per liberarsi da responsabilità datoriale secondo l’articolo 2087 del codice civile per eccessivo carico di lavoro, il datore di lavoro deve provare di avere adottato comportamenti specifici suggeriti quali la possibilità di organizzare diversamente il lavoro. Questo il principio enunciato dalla sezione Lavoro della Cassazione con la sentenza n. 93/2018.

La vicenda
Un dipendente pubblico viene sottoposto a frequenti e lunghe trasferte in auto, con obbligo di rientro in ufficio due volte a settimana e di pasti fuori casa più volte alla settimana. Lamentando “gastrite cronica” ricorre al giudice del lavoro, chiedendo causa di servizio e indennizzo. Il Tribunale accerta la causa di servizio e il diritto all’equo indennizzo e condanna il ministero a pagare quel beneficio e il danno biologico. In secondo grado, la Corte d’appello, invece, respinge il risarcimento del danno. In particolare, precisa che la violazione dell’articolo 2087 c.c. postula una notevole negligenza, che nel caso specifico non risulta dimostrata, data l’oggettiva carenza di personale. La Corte territoriale ritiene che tale peculiarità organizzativa deve portare al riconoscimento di un equo indennizzo. Lo stesso collegio sostiene, però, che il ministero non ha violato l’articolo 2087 c.c. o altra specifica norma a tutela della salute del dipendente. Di conseguenza, conclude che non possa ritenersi sussistente danno biologico non patrimoniale da addebitarsi all’amministrazione.

Il ricorso in cassazione
Il lavoratore ricorre in cassazione per violazione dell’articolo 2087 c.c. e insufficiente e contraddittoria motivazione. Lamenta che la Corte, pur rilevando le modalità stressanti della prestazione contribuenti all’insorgenza della malattia, aveva contraddittoriamente escluso la responsabilità ex articolo 2087 c.c. per l’assenza di condotte tese a non valutare la pesantezza della situazione lavorativa. Deduce che il datore, pur informato, aveva omesso di adottare misure idonee a eliminare la situazione di nocività. Inoltre, denuncia violazione degli articoli 2087 e 1218 c.c. sostenendo che l’articolo 2087 non richiede che l’inadempimento sia connotato da notevole negligenza (come sostenuto dalla Corte di merito) e da intenzionale volontà di procurare il danno. Aggiunge che il ministero non avesse provato di avere adottato tutte le cautele necessarie per evitare la nocività delle condizioni di lavoro.

Il ragionamento di Cassazione
La Corte di legittimità esamina la causa e pone vari profili argomentativi tra cui i seguenti.

a)    Equo indennizzo e risarcimento del danno
I giudici chiariscono che, nell’equo indennizzo, il bene protetto è la condizione del dipendente divenuto infermo per il servizio prestato (e non invece la sua integrità fisica), per cui ai fini del suo riconoscimento non viene in considerazione il comportamento colposo o doloso del datore di lavoro ma bensì la semplice mera esposizione a fattori di rischio, insiti nella prestazione lavorativa. Ai fini del risarcimento ex articolo 2087 c.c, occorre, invece, un inadempimento contrattuale almeno colposo del datore di lavoro.

b)    Prova liberatoria da responsabilità ex 2087 c.c..
Nel caso in cui le misure prevenzionali siano richieste dall’articolo 2087 del codice civile (misure cosiddette innominate) e non da norme specifiche, la prova liberatoria del datore deve correlarsi alla quantificazione della misura di diligenza esigibile nella predisposizione delle stesse misure di sicurezza. In tali casi il datore ha l’onere di provare l’adozione di comportamenti specifici quali la possibilità di organizzare diversamente il lavoro (Cass., nn. 10319/2017, 34/2016 e 15082/2014). Nella fattispecie in esame, i presupposti di fatto che integrano la prova gravante sul prestatore di lavoro ai sensi del 2087 c.c. sono risultati tutti positivamente accertati, come ha rilevato la Corte territoriale.

c)    I dati incontestati
Secondo la Suprema corte sono dati incontestati del processo: l’avere il dipendente lavorato in condizioni di particolare gravosità; il nesso eziologico tra fattori nocivi, individuabili nell’affaticamento fisico e psichico, e l’instaurarsi della patologia gastrica; l’imputabilità alla Pa datrice di lavoro della scelta organizzativa di far fronte alla necessità di smaltire una notevole mole di lavoro e di assicurare la regolarità del servizio per gli utenti, imponendo condizioni di lavoro particolarmente stressanti.

d)    Insufficiente “giustificazione”
La generica allegazione della carenza di organico non è sufficiente a integrare la prova liberatoria, occorrendo, invece, la deduzione di fatti specifici.

Il principio posto e la decisione
Secondo la Cassazione, la Corte di merito non ha correttamente applicato i principi richiamati e ha escluso la responsabilità ex 2087 della datrice di lavoro per oggettiva carenza di organico, senza accertare se fossero state adottate misure organizzative idonee a prevenire il sovraffaticamento del dipendente, causativo della gastrite cronica. Pertanto, la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello, in diversa composizione, affinché applichi i due seguenti principi di diritto:
- “Ai fini del risarcimento dei danni scaturenti dalla violazione degli obblighi di cui all’art. 2087 c.c., occorre un inadempimento contrattuale suscettibile di venire in considerazione sotto il profilo almeno colposo dal datore di lavoro”.
- “In tema di responsabilità del datore di lavoro pubblico ex art. 2087 c.c. per l’eccessivo carico di lavoro imposto al lavoratore, ai fini della prova liberatoria, non è sufficiente l’allegazione generica della carenza di organico, costituendo l’organizzazione dei reparti, la consistenza degli organici e la predisposizione dei turni espressione ed attuazione concreta dell’assetto organizzativo adottato dalla datrice di lavoro. Il datore di lavoro pubblico ha l’onere di provare l’adozione di comportamenti specifici che siano suggeriti da conoscenze sperimentali e tecniche, quali anche la possibilità di organizzare diversamente il lavoro”.

Il dispositivo
La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata.

Considerazioni conclusive
La sentenza è particolarmente ricca di profili “incorporando” altri principi quali i seguenti:
-  la consistenza degli organici e le condizioni ambientali di lavoro del personale sono circostanze note ai dirigenti pubblici, cui sono riconducibili le scelte organizzative (Cass. n. 14313/2017);
- la responsabilità per mancata adozione delle misure idonee a tutelare l’integrità fisica del lavoratore discende o da norme specifiche o dall’art. 2087  c.c. (Cass., nn. 14213/2017 e 17092/2012);
- il datore di lavoro ha l’onere di provare che la malattia del dipendente non sia ricollegabile a inosservanza di obblighi datoriali (Cass., nn. 14468/2017, 14313/2017 e 10319/2017).

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