Personale

Docenti, l’irregolarità della domanda non invalida la procedura


L'azione disciplinare nei confronti di un docente per l'irrogazione della sanzione della sospensione in seguito a sentenza penale di condanna – oggi disciplinata compiutamente dall'articolo 69 del Dlgs 150/2009 - che ricade sotto la vecchia disciplina dell'articolo 503 del Dlgs 297/1994 dopo la modifica disposta dalla Dl 147/2007, va conclusa entro 90 giorni e non entro il termine più ampio di 180 giorni. E inoltre, il mancato utilizzo di appositi moduli da parte degli insegnanti nelle procedure concorsuali, non genera l'invalidità della domanda, bensì una mera irregolarità formale. Queste sono le due affermazioni che si traggono dalla sentenza 95/2017 della Sezione lavoro della Cassazione.


I fatti
La vicenda, alquanto complicata, ha come protagonista un docente di un istituto tecnico superiore il quale, dopo diversi anni di servizio nella scuola, veniva trasferito presso un altro istituto, in quanto la sua cattedra era assegnata ad un altro docente, che aveva riportato un punteggio superiore nella graduatoria concorsuale. L'insegnante, tuttavia, non accettava il trasferimento presso il nuovo istituto a lui designato e continuava a recarsi nello scuola dove sin lì aveva prestato servizio. Di qui il procedimento penale per inosservanza del provvedimento della pubblica autorità, che ordinava il trasferimento di sede, conclusosi con la sanzione dell'ammenda da parte del Giudice di Pace, alla quale inevitabilmente seguiva la sanzione disciplinare della sospensione per quattro mesi, in forza di un provvedimento emesso dall'Ufficio scolastico provinciale.
Il caso passava così nelle aule di giustizia dove il docente lamentava l'illegittimità del trasferimento, nonché della sanzione disciplinare emessa, a suo dire, oltre il termine massimo stabilito dalla legge di 90 giorni. La questione era ulteriormente complicata dal fatto che il docente vincitore del posto aveva commesso delle irregolarità nell'invio e nella compilazione della domanda che avrebbero dovuto portare alla conferma della cattedra per il primo docente, nella specie l'utilizzo di un modulo differente da quello predisposto dall'amministrazione scolastica. Ebbene, il Tribunale dichiarava l'illegittimità del trasferimento, mentre la Corte d'appello riteneva la validità della domanda, a prescindere dalle mere irregolarità formali riscontrate nella presentazione della medesima, nonché riteneva l'azione disciplinare rispettosa dei limite legale di 180 giorni.


L'irregolarità non invalida la domanda
La complessa questione arriva così in Cassazione dove i giudici di legittimità cercano di fare chiarezza sulla vicenda scindendo i due aspetti rilevanti della controversia, ovvero l'irregolarità nella presentazione della domanda da parte del secondo docente e la tempistica da rispettare nel procedimento disciplinare. Quanto alla prima questione, per il docente ricorrente, l'utilizzo di un modulo diverso da parte del collega a lui preferito non poteva essere ignorato o ritenuto privo di rilievo, perché il rispetto delle forme previste dalla legge dovrebbe costituire «garanzia per l'esatto andamento della procedura concorsuale». Per la Suprema corte, però, così come affermato dai giudici d'appello, si è trattato solo di una irregolarità formale, tale da non giustificare l'invalidità della domanda, in quanto inoffensiva, ovvero non «idonea a ledere gli interessi tutelati».


Il termine del procedimento disciplinare
Sulla questione del termine previsto per il procedimento disciplinare, invece, la Cassazione accoglie il ricorso del docente, il quale si doleva per l'errata applicazione al caso di specie del termine di 180 giorni previsto dall'articolo 5 della legge 97/2001, anziché quello di 90 giorni previsto dall'articolo 503 Dlgs 297/1994. Per i giudici di legittimità questo aspetto coglie nel segno, in quanto il caso di specie va regolato con tale ultima disposizione normativa, nel testo ratione temporis applicabile, ovvero dopo le modifiche apportate dal Dl 147/2007 e prima dell'abrogazione operata dal Dlgs 150/2009. Dall'analisi della normativa, la Corte chiarisce che il termine di 180 giorni sarebbe stato applicabile solo a seguito di procedimenti di condanna per fatti di gravità tale da giustificare la sanzione dell'estinzione del rapporto e non anche, come nel caso di specie, all'esito di condanne penali che comportano a livello disciplinare solo la sanzione della sospensione. Il termine, dunque, sarebbe dovuto essere di 90 giorni, eventualmente prorogabile di ulteriori 30 per ragioni istruttorie. Ora, dunque, sarà nuovamente la corte di merito a giudicare sulla tempestività della sanzione.

La sentenza della Corte di cassazione n. 95/2018

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