Personale

Concorsi, permessi e visto di regolarità contabile

di Gianluca Bertagna

La rubrica settimanale con le indicazioni sintetiche delle novità normative e applicative intervenute in tema di gestione del personale nelle pubbliche amministrazioni.

Quando il vincitore di concorso può non essere assunto
La Corte di cassazione civile, sezione lavoro - con l'ordinanza n. 30238/2017, ha esaminato il caso di una vincitrice di concorso e mai assunta a causa di una scelta obbligata da precisi vincoli di legge, in quanto essendo ente soggetto al cosiddetto patto di stabilità - e al limite di spesa per assunzioni di nuovo personale - era stato costretto (con atti espressi) a ridefinire le scelte precedentemente operate nella programmazione del fabbisogno, mantenendo tra le posizioni lavorative, solo quelle imposte dalla legge e “sacrificando” la posizione della candidata idonea perché corrispondente ad un settore già coperto da personale. Secondo la Corte, «il diritto soggettivo del vincitore di pubblico concorso per il reclutamento di personale in regime contrattualizzato, è subordinato alla permanenza, all'atto del provvedimento di nomina, dell'assetto organizzativo degli uffici in forza del quale il bando è stato emesso. [...] nel caso in cui detto assetto sia mutato a causa dello “jus superveniens”, l'Amministrazione ha il potere-dovere di bloccare i provvedimenti dai quali possano derivare nuove assunzioni che non corrispondano più alle oggettive necessità di incremento del personale, quali valutate prima della modifica del quadro normativo, in base all'art. 97 Cost.».

Licenziamento per errato utilizzo dei permessi della legge 104/1992
È legittimo il licenziamento del dipendente che svolga altra attività lavorativa, nel corso di assenze per infortunio e per assistenza disabile in base all’articolo 33, comma 3, della legge 104/1992. È questa la sintesi della decisione della Corte di cassazione civile, sezione lavoro - adottata con sentenza n. 29613/2017, relativa al licenziamento di un lavoratore che, assente per infortunio e per assistenza ad un disabile, attendeva a un'altra attività lavorativa.
Nel valutare la situazione dei gravità, secondo la Corte l'ente aveva peraltro tenuto conto di tutti gli elementi del caso concreto, valorizzando in particolare la condotta fraudolenta del lavoratore che, ingannando la parte datoriale sull'effettività delle ragioni dell'astensione dal lavoro, svolgendo attività lavorativa in luogo distante da quello di lavoro per impedire l'accertamento della propria condotta, sottraendosi al proprio lavoro che comportava anch'esso cura e assistenza verso soggetti abbisognevoli, aveva realizzato una condotta idonea a ledere il vincolo fiduciario, «avuto riguardo altresì alla causale del permesso per disabilità disonorata dall'evidente disinteresse manifestato nei riguardi del familiare meritevole di negata assistenza».
È indubbio che il comportamento del dipendente che si avvalga del beneficio di cui all'articolo 33 della legge 104/1992 per attendere ad esigenze diverse dall'assistenza al disabile integra l'abuso del diritto e viola i principi di correttezza e buona fede, realizzando una condotta che assume anche disvalore morale e sociale, in coerenza con i principi affermati dalla giurisprudenza medesima.

L'uso del bianchetto nelle prove di concorso
Il Tar Friuli Venezia Giulia – sezione I – con la sentenza n. 347/2017, ha considerato il ricorso di un candidato ad una procedura pubblica, avverso il provvedimento con cui veniva escluso dalle prove orali, a causa dell'uso reiterato del “bianchetto” durante le prove scritte, dunque in violazione del principio di anonimato delle prove.
Il Tribunale accoglie il ricorso del soggetto, in quanto, nel caso di specie, l'uso del bianchetto con sovrascrittura da parte del candidato, così come la cancellatura di parole mediante tratto di barratura, non eccedevano la soglia dell'ordinario.
Il Tar infatti, ricorda che «è segno di riconoscimento che viola la regola dell'anonimato nei concorsi pubblici quello astrattamente idoneo a fungere da elemento di identificazione, condizione questa che ricorre allorquando “la particolarità riscontrata assuma un carattere oggettivamente e incontestabilmente anomalo rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta, in tal caso a nulla rilevando che in concreto la Commissione o singoli componenti di essa siano stati o meno in condizione di riconoscere effettivamente l'autore dell'elaborato”».

Omessa apposizione del visto di regolarità contabile
Il visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria deve essere reale e non può essere sostituito da nessun meccanismo di stampa automatica senza l'effettiva firma.
È questo, in sintesi, quanto statuito dalla Corte di cassazione civile, sezione lavoro - con sentenza n. 29230/2017, relativa al licenziamento irrogato ad un responsabile dell'area contabile di un comune, per non aver apposto, nell'arco di 3 anni e con riguardo a un considerevole numero di provvedimenti (circa 400), il visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria e per aver consegnato in ritardo all'ente la situazione aggiornata dei residui passivi. In particolare, la Corte ha rilevato che il meccanismo informatico di apposizione della dicitura «visto per la regolarità contabile attestante la copertura finanziaria» veniva posto in essere dai vari responsabili proponenti gli atti al momento della redazione, al quale, tuttavia, non faceva seguito né la firma autografa né l'effettivo controllo finanziario da parte del responsabile poi legittimamente licenziato.

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