Personale

La valutazione negativa va incardinata nel sistema di misurazione delle performance

di Luca Tamassia e Angelo Maria Savazzi

Il nuovo comma 5-bis dell’articolo 3 del Dlgs 150/2009, introdotto dal Dlgs 74/2017, disciplina le conseguenze della valutazione negativa del personale. In particolare, stabilisce che la stessa rileva ai fini dell’accertamento della responsabilità dirigenziale ex articolo 21 del Dlgs 165/2001 (che può portare all’impossibilità di rinnovo dell’incarico dirigenziale, fino alla revoca dell’incarico stesso) e ai fini dell’irrogazione del licenziamento disciplinare come normato dall’articolo 55-quater, comma 1, lett. f-quinquies), del Dlgs 165/2001 (“licenziamento per insufficiente rendimento”).
Per quanto riguarda la durata dell’insufficiente rendimento, lo stesso articolo 55-quater prevede che il licenziamento disciplinare possa conseguire ad una valutazione negativa reiterata nell’arco dell’ultimo triennio. Una lettura approfondita di quest’ultima norma consente di individuare un ulteriore campo di intervento del sistema di misurazione e valutazione della performance. È prevista, infatti, l’irrogazione della sanzione disciplinare del licenziamento nella ipotesi di “reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza, e rilevato dalla costante valutazione negativa della performance del dipendente per ciascun anno dell'ultimo triennio, resa a tali specifici fini ai sensi dell'articolo 3, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 150 del 2009”.
Il coordinamento tra le due norme citate non è immediato e presenta aspetti di non facile soluzione, rispetto ai quali sarà utile verificare i primi pronunciamenti in materia e gli indirizzi del dipartimento della Funzione pubblica adottati in base al comma 2 dell’articolo 3 del Dlgs 150/2009, che costituisce norma di principio per tutte le amministrazioni. Al momento è possibile ipotizzare che non sia sufficiente definire quando la valutazione debba essere considerata negativa, in quanto è necessario che, nella valutazione, siano considerate anche la “violazione degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza”. Infatti la lettura sistematica delle norme richiamate porta a ritenere che tali tipologie di violazioni debbano essere intercettate al momento della valutazione e determinare una valutazione negativa; per cui il valutatore dovrà, necessariamente, tenerne conto nell’esprimere il giudizio finale di valutazione.

Sovraesposizione del sistema valutativo
Ancora una volta ci troviamo di fronte a norme che portano a riflettere circa l’appropriatezza della leva valutativa per spronare all’attuazione di norme (precisamente la “violazione degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza”), evitando, in questo modo, di utilizzare altri strumenti che, propriamente, sarebbero più adatti per perseguire la finalità che il legislatore si propone e con l’effetto di sovraccaricare, in modo improprio, il processo valutativo. Infatti, una cosa è il mancato rispetto degli obblighi legislativi e contrattuali connessi alla propria posizione lavorativa, da cui può conseguire un provvedimento disciplinare, altra cosa è ancorare la possibile sanzione ad una valutazione negativa in applicazione del Dlgs 150/2009, come richiesto dalla norma. La valutazione è l’esito dell’applicazione dei fattori valutativi previsti dall’articolo 9 del Dlgs 150/2009 e la previsione dell’articolo 55-quater, comma 1, lett. f-quinquies), del Dlgs 165/2001 (“licenziamento per insufficiente rendimento”), appare, in tale contesto, come un’integrazione dei fattori di cui all’articolo 9.
È evidente che, se ogni volta che per spingere all’attuazione di una norma se ne sanciscono gli effetti sulla valutazione individuale, la valutazione rischia di diventare un contenitore indistinto di effetti sanzionatori, dove tutto è rilevante e non svolge, quindi, propriamente il compito di orientare, anche in termini comportamentali, l’azione dei dirigenti e delle strutture verso l’attuazione delle priorità strategiche definite dall’organo d’indirizzo politico-amministrativo e polverizzano in mille rivoli gli elementi che il valutatore deve esaminare. Accanto a questa criticabile sovraesposizione dei sistemi valutativi, inoltre, emerge anche un’incapacità delle amministrazioni di approntare gli opportuni strumenti organizzativi, informativi e informatici per misurare quanto la norma richiede di valutare, con il paradosso finale che, per un verso, la norma impone la rilevanza e, dall’altro, il valutatore non ha strumenti per verificare il livello di attuazione e la riconducibilità alla posizione del singolo dipendente, con il rischio evidente che le corrispondenti norme risultino fortemente depotenziate.

Le possibili soluzioni
La soluzione ragionevole da attuare è, prioritariamente, definire cosa s’intenda per valutazione negativa; correttamente le norme richiamate rinviano alla disciplinata definita nell'ambito del sistema di misurazione e valutazione della performance, adottato ai sensi dell’articolo 7 del Dlgs 150/2009. Pertanto è in questo ambito che deve essere correttamente stabilito a quale valutazione (in termini quantitativi) corrisponda una condizione di negatività; infatti, nella logica di graduazione delle valutazioni finali, il parziale raggiungimento degli obiettivi, che rappresenta uno dei fattori sui quali si sviluppa la valutazione individuale in base all’articolo 9, non può essere considerata, di per sé, sintomo di una condizione di negatività. In linea generale il sistema deve prevedere il punteggio al di sotto del quale la prestazione debba essere considerata inadeguata e, quindi, negativa, prevedendo che a quel punteggio non consegua il diritto, anche solo parziale, alla retribuzione di risultato. Espresso in questi termini, dunque, il perimetro di operatività della valutazione negativa, i punteggi superiori non potranno essere considerati manifestazione di valutazione negativa e daranno accesso a diversi livelli di retribuzione incentivante, fino al massimo previsto in sede di contrattazione nazionale e decentrata.
Ma ciò non è sufficiente affinché la valutazione negativa possa dar luogo alla sanzione disciplinare del licenziamento. Infatti è necessario che, nella valutazione, si tenga conto anche delle violazioni delle disposizioni normative e contrattuali, nonché degli atti e provvedimenti dell’amministrazione connessi alla prestazione lavorativa. A tal fine il sistema può utilizzare due possibili soluzioni: 1) prevedere esplicitamente nelle declaratorie di dettaglio dei comportamenti professionali e organizzativi (previsti per i dirigenti e il personale del comparto dall’articolo 9) anche tali tipologie di violazioni in modo che abbiamo un’incidenza diretta sull’esito della valutazione; 2) o, in alternativa, prevedere che, all’esito della valutazione in base ai fattori previsti dall’articolo 9, si effettui una specifica ricognizione delle violazione degli obblighi connessi alla prestazione lavorativa, applicando un fattore correttivo in base alla gravità della violazione. Quest’ultima opzione ha il vantaggio di dare attuazione alla specifica previsione secondo la quale la valutazione negativa, per poter dar luogo alla sanzione espulsiva, deve essere “resa a tali specifici fini ai sensi dell'articolo 3, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 150 del 2009”.

Osservazioni finali
In conclusione si può ritenere molto dubbio che l’Organismo indipendente di valutazione possa esprimere un parere positivo, preventivo e vincolante previsto dall’articolo 7 del Dlgs 150/2009, sulle modifiche al sistema di misurazione e valutazione, in assenza di una specifica ed adeguata disciplina applicativa della valutazione negativa.

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