Personale

Rischio-taglio sui rimborsi per i periti dei tribunali

La remunerazione dei consulenti tecnici d’ufficio rischia di subire una sforbiciata. A venire meno, in particolare, potrebbero essere i rimborsi per alcune spese sostenute dai periti nominati dai giudici per svolgere le consulenze tecniche utili per definire i processi. Almeno, questo potrebbe essere l’effetto delle indicazioni del ministero della Giustizia, date a tutti gli uffici giudiziari con una circolare dello scorso 23 ottobre.

I fatti
Il documento nasce da una verifica amministrativo-contabile in un tribunale. In quell’occasione l’Ispettorato generale di finanza del ministero ha rilevato alcune irregolarità nei provvedimenti di liquidazione dei compensi dei Ctu. Alcuni rilievi - va detto - sono condivisibili: sono state contestate, tra l’altro, la mancata indicazione delle modalità di liquidazione, la mancata indicazione del numero di vacazioni (che è il sistema di calcolo dei compensi legato al tempo: una vacazione è pari a due ore e se ne possono calcolare non più di quattro al giorno) e la mancanza di una motivazione adeguata.
Ma gli ispettori hanno anche “bollato” come illegittima la liquidazione di spese di dattilografia e postali a parte rispetto all’onorario. Secondo gli ispettori, infatti, come si legge nella circolare, tali oneri sarebbero da farsi rientrare negli onorari in base all’articolo 29 del decreto ministeriale del 30 maggio 2002, che ha disciplinato i compensi per i “tecnici” nominati dai giudici. L’articolo dispone che «tutti gli onorari, ove non diversamente stabilito nelle presenti tabelle, sono comprensivi della relazione sui risultati dell’incarico espletato, della partecipazione alle udienze e di ogni altra attività concernente quesiti». Di qui, per gli ispettori, discenderebbe l’effetto che gli onorari includano non solo «la relazione», ma anche «le attività professionali espletate» e «gli strumenti utilizzati, anche a prescindere dalla particolare natura dell’incarico».

Spese prive di giustificativi
Nel mirino ci sono le spese che il perito si trova a dover affrontare per svolgere il mandato giurisdizionale e prive di titoli giustificativi. Si tratta, a titolo di esempio, delle spese per stampe, copie, riproduzioni, stampe fotografiche, telefonate: oneri rilevanti ma che spesso non sono documentati perché il perito li sostiene usando l’attrezzatura e le proprie dotazioni di studio. Non è in discussione, invece, il rimborso delle spese accompagnate da documenti giustificativi, che il giudice liquida a parte rispetto al compenso.
Le conclusioni del ministero - penalizzanti per i Ctu - non paiono però coerenti con le norme, né con la giurisprudenza. Da un lato, infatti, l’articolo 29 del decreto ministeriale del 30 maggio 2002 - che detta il principio dell’onnicomprensività del compenso – fa esclusivamente riferimento agli onorari e alle attività, ma non alle spese, che sono invece regolate da altre norme: è l’articolo 56 del Dpr 115/2002 a precisare che il Ctu deve presentare al giudice la nota delle spese sostenute e che sarà il magistrato a valutarle.
La Cassazione ha inoltre chiarito (con la sentenza 18331/2015) che la nota spese deve essere accompagnata dai documenti giustificativi per le spese documentabili, titoli che non occorrono invece per le spese che non richiedono fatturazione o ricevuta fiscale perché insite nella presentazione dell’elaborato (come quelle per la carta, la cancelleria ed altro), né per le spese di trasporto dallo studio al tribunale o al luogo dove svolgere le operazioni di consulenza.

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