Personale

I resti assunzionali seguono le percentuali di turn over dell’anno d’origine

di Vincenzo Giannotti

La sezione delle Autonomie della Corte dei conti, con la deliberazione n. 25/2016, pone fine ai dubbi sollevati dalle corti territoriali sul corretto calcolo delle capacità assunzionali non spese nel triennio precedente (cosiddetti resti assunzionali). E conclude per l'ipotesi meno restrittiva precisando che le capacità residue anno per anno non utilizzate si riferiscono alle aliquote del turn over vigenti all'epoca, le quali restano, pertanto, cristallizzate rispetto alla normativa sopravvenuta.

La normativa di riferimento
L'articolo 3, comma 5, del Dl 90/2014 prevede che «… A decorrere dall'anno 2014 é consentito il cumulo delle risorse destinate alle assunzioni per un arco temporale non superiore a tre anni, nel rispetto della programmazione del fabbisogno e di quella finanziaria e contabile; é altresì consentito l'utilizzo dei residui ancora disponibili delle quote percentuali delle facoltà assunzionali riferite al triennio precedente». Sul punto la Sezione delle Autonomie (deliberazione n. 28/2015) ha precisato che il periodo triennale sia da intendersi in senso dinamico ossia a scorrimento del triennio di riferimento a ritroso rispetto all'anno in cui le assunzioni sono effettuate.

I dubbi delle Sezioni territoriali
In merito alla concreta applicazione dell'utilizzo delle capacità assunzionali si sono formati due diversi orientamenti:
• un primo orientamento interpreta la disposizione legislativa in modo restrittivo facendo corrispondere la «percentuale» prevista come budget di spesa su cui va parametrata la capacità assunzionale che deve necessariamente essere rispettosa della percentuale fissata dal legislatore per l'anno in cui si intende procedere con la nuova assunzione. Partendo da un esempio, se nell'anno 2017 un Comune ha una percentuale assunzionale pari al 25% delle cessazioni verificatesi nell'anno 2016, la stessa percentuale dovrà essere applicata anche a ritroso nel triennio precedente (cessazioni avvenute negli anni 2015-2014 e 2013). In questo modo, solo qualora applicando la citata percentuale del 25% per ogni anno del triennio precedente dovessero esserci residui non utilizzati, gli stessi potranno essere sommati alle cessazioni avvenute nell'anno 2016 (Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 23/2017);
• un secondo orientamento prevede, invece, che le capacità assunzionali non utilizzate nel triennio precedente, applicando le percentuali all'epoca vigenti, vanno ad aggiungersi alla capacità assunzionale cosiddetta «di competenza» (Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Sardegna, deliberazione n. 70/2017).
Riprendendo l'esempio sopra indicato, se nell'anno 2014 la percentuale del turn-over era pari al 100% delle cessazioni e queste non sono state utilizzate, l'ente sommerà le proprie capacità assunzionali del 2017 del 25% delle cessazione avvenute nell'anno 2016 con quelle non utilizzate nell'anno 2014, applicando la percentuale di turn-over prevista nel 2014.
A fronte di questa divergenza la questione è stata rimessa alla Sezione delle Autonomie al fine di chiarire quale delle due ipotesi fosse concretamente applicabile.

L'indicazione della Sezione Autonomie
Il Collegio contabile assimila i residui assunzionali a un teorico spazio finanziario di spesa contenuto nei limiti dei vincoli di finanza pubblica che regolano sia la stessa determinazione della capacità, ossia la percentuale di spesa riprogrammabile rispetto a quella cessata, sia il contenimento e la riduzione progressiva della spesa per il personale. In questo contesto, è possibile comprendere come una spesa, per poter essere inserita nel bilancio, debba necessariamente trovare il relativo impegno, anche in un ambito temporale pluriennale. Proprio per questo il legislatore ha previsto due possibili soluzioni: a) una proiettata nel futuro, quale cumulo delle risorse destinate alle assunzioni per un arco temporale non superiore a tre anni; b) l'altra proiettata nel passato, ossia riferita al triennio precedente. In questa prospettiva normativa, assume rilevanza la capacità assunzionale di competenza, che è quella determinata nell'anno in cui si intende procedere all'assunzione sulla base della spesa relativa alle cessazioni intervenute nell'anno precedente, e la capacità assunzionale maturata nel triennio precedente secondo le regole all'epoca vigenti, ma non utilizzata in tutto o in parte.
In conclusione, la capacità assunzionale di un certo anno non utilizzata, per contingenze di bilancio dell'ente locale, ben può essere successivamente accantonata per essere utilizzata in un ciclo di bilancio più lungo, qualora ne offra la relativa sostenibilità. Questo ciclo di programmazione non può essere infinito, per questa ragione il legislatore ha stabilito una durata massima di tre anni, ma in una prospettiva dinamica, ossia con scorrimento del citato triennio.
In definitiva, la Sezione delle Autonomie accetta la soluzione posta dalla Sezione sarda che aveva rimesso la questione di massima, precisando che i residui assunzionali si riferiscono alle percentuali di turn over a diposizione dei Comuni la cui valorizzazione è quella stabilita dalla legge all'epoca vigente, a nulla rilevando le modifiche della percentuale disposte dalla normativa sopravvenuta.

La delibera della Sezione Autonomie della Corte dei conti n. 25/2016

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