Personale

Danno erariale per il docente universitario a tempo pieno che svolge attività libero-professionale

di Ulderico Izzo

Il professore universitario a tempo pieno che svolge attività libero-professionali in assenza della prescritta autorizzazione da parte dell'Amministrazione universitaria determina un danno erariale. Per i professori universitari a tempo pieno gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell'autorizzazione a svolgere attività libero-professionali. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti. Così la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per l'Emilia Romagna, con sentenza del n. 210/2017.

Il fatto
La Procura regionale evocava in giudizio un docente dell'Ateneo del capoluogo emiliano che aveva svolto attività economiche e prestazioni professionali in situazione di incompatibilità e senza autorizzazione dell'Amministrazione di appartenenza. Il giudice contabile, in sede giurisdizionale, ha ravvisato che l'attività extraistituzionale svolta dal convenuto, pur resa prevalentemente quale consulente di parte o d'ufficio nel corso di procedimenti giudiziari, in realtà altro non è che un'attività libero professionale svolta in regime di incompatibilità con il regime di tempo pieno soggetta, in base al regolamento universitario interno, a preventiva autorizzazione, anche se l'attività ha carattere occasionale. Il docente, sulla base di un principio giurisprudenziale costante e dell'impianto normativo e regolamentare vigente, è stato condannato alla refusione del danno erariale cagionato all'università di appartenenza, calcolato sulla base dei redditi di lavoro autonomo percepiti nel periodo di riferimento.

Occasionalità e partita Iva
Il Collegio ha condiviso l'impianto accusatorio, evidenziando che la contestazione di responsabilità non riguarda la mera tenuta di una partita Iva, ma il suo consapevole utilizzo per lo svolgimento di una attività libero professionale, cioè non meramente occasionale. Il possesso ininterrotto e da lungo tempo di una partita Iva da parte del convenuto contribuisce ad avallare e confermare la tesi accusatoria circa il carattere professionale e non occasionale delle prestazioni eseguite dal convenuto. La magistratura contabile ha, appunto, precisato che i professori universitari a tempo pieno non possono svolgere attività professionali, né ricoprire cariche in enti e società costituiti a fine di lucro perché tali attività sono assolutamente incompatibili con il regime di impegno prescelto, anche qualora vi siano autorizzati dall'ateneo, in quanto tale autorizzazione è illegittima. Le prestazioni professionali svolte in regime di partita Iva non possono considerarsi attività occasionali compatibili con la posizione di professore universitario in regime di tempo pieno.

La quantificazione del danno
L'eventuale svolgimento di attività in violazione delle suddette norme è sottoposto alla giurisdizione della Corte dei conti in quanto causa di responsabilità amministrativa per il danno erariale cagionato all'ateneo, consistente nella differenza tra quanto percepito come professore a tempo pieno e quanto sarebbe spettato per il tempo definito, maggiorato di eventuali indennità percepite sul presupposto di aver scelto il regime di impegno a tempi pieno (indennità di carica, indennità di incentivazione alla didattica). Il danno sussiste indipendentemente dal fatto che le attività didattiche siano state regolarmente svolte dai docenti.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©