Personale

Il Comune non può usare in distacco o in comando i dipendenti della partecipata

di Alberto Barbiero

I dipendenti delle società partecipate dagli enti locali non possono essere utilizzati dagli stessi mediante il comando o il distacco, in quanto non hanno lo status di dipendenti pubblici. La Corte dei conti, sezione regionale di controllo della Sicilia, con la deliberazione n. 177/2017 ha fornito un importante chiarimento sulle condizioni che impediscono alle amministrazioni di fare ricorso ai due istituti per impiegare in proprie attività i dipendenti di società partecipate.

Distacco e comando
Il parere precisa anzitutto la natura dei due particolari moduli di gestione delle risorse umane, evidenziando che il distacco è l'utilizzazione temporanea del dipendente presso un ufficio, che è diverso da quello che costituisce la sua sede di servizio e che rientra comunque nella medesima amministrazione. Pertanto, il distacco non ricorre quando la prestazione venga eseguita presso altra amministrazione; in tale ipotesi, infatti, si configura il comando.
Su questo istituto, in mancanza di una specifica definizione normativa, la Corte dei conti fa rilevare che il comando è stato individuato dalla giurisprudenza in tutte quelle ipotesi in cui il dipendente pubblico è destinato a prestare servizio presso una pubblica amministrazione diversa da quella di appartenenza, senza che si abbia la costituzione di un nuovo rapporto di impiego con l'ente destinatario della prestazione, il quale sarà tenuto soltanto a rimborsare all'amministrazione di appartenenza il trattamento economico fondamentale. Alla posizione di comando del dipendente presso una nuova amministrazione non si accompagna, infatti, la soppressione del posto in organico presso l'amministrazione di provenienza, venendosi piuttosto a configurare una mobilità temporanea presso l'ente di destinazione, grazie ad un meccanismo caratterizzato dalla reversibilità (salvo provvedimento di immissione nei ruoli).
Le caratteristiche essenziali del comando sono state peraltro prese in esame dalla sezione autonomie della stessa Corte, nella deliberazione n. 12/2017/QMIG, la quale le ha individuate nella temporaneità e nell'interesse dell'amministrazione ricevente. Il dipendente comandato, autorizzato dall'ente “a quo” su richiesta motivata dalla necessità dell'ente “ad quem”, non solo non svolge più la sua prestazione presso l'ente cedente, bensì soggiace al potere direttivo e gestionale dell'ente beneficiario. Il trattamento economico fondamentale del personale comandato rimane poi di competenza dell'amministrazione cedente, ancorché successivamente rimborsato.

La decisione
Sulla base di questi presupposti, la Corte dei conti siciliana ha chiarito che i dipendenti assunti da una società partecipata non possono considerarsi dipendenti pubblici e pertanto a essi non può applicarsi la disciplina del comando. Poiché pertanto le società partecipate sotto il profilo lavoristico non si configurano quali amministrazioni pubbliche, le loro unità di personale non hanno la qualifica di dipendente pubblico e non possono fruire del comando e del distacco.
Il parere chiarisce peraltro che le società controllate dalla pubblica amministrazione solo a determinati fini vengono incluse nel settore pubblico allargato: nell'ambito dei contratti, per i quali è stata elaborata la nozione di organismo di diritto pubblico, oppure per l'applicazione della disciplina sulla trasparenza prevista dal decreto legislativo 14 marzo 2013 n. 33 o, infine, nella definizione del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche, che include, accanto agli organismi pubblici dello Stato e degli enti territoriali, le unità istituzionali che producono beni non destinabili alla vendita soggetti a controllo pubblico, a prescindere dalla forma giuridica da esse rivestita.

Vietata anche la mobilità
La Corte dei conti evidenzia infine come ai dipendenti delle società partecipate non possano applicarsi gli istituti della mobilità previsti dal pubblico impiego, dovendo anche considerare la disciplina speciale introdotta dal Dgs 175/2016 (articolo 19), che vieta di attuare processi di mobilità fra la partecipata e l'ente, al fine di evitare l'elusione dei vincoli alle assunzioni e del principio costituzionale del concorso pubblico.

La delibera della Corte dei conti Sicilia n. 177/2017

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