Personale

Indennità di posizione fuori dal calcolo della buonuscita

di Andrea Alberto Moramarco

Nella base di calcolo dell'indennità di buonuscita non va considerata l'indennità di posizione, mentre può assumere rilievo quella di esclusività attribuita al personale universitario non docente in servizio presso strutture ospedaliere. Questo è quanto emerge dalla sentenza n. 24454, depositata ieri dalla Sezione lavoro della Cassazione.

La vicenda
La controversia trae origine dalla domanda rivolta all'Inpdap da parte di alcuni dipendenti dell'Università di Firenze – categoria EP in servizio presso strutture sanitarie - tesa a ottenere il computo della retribuzione di posizione e dell'indennità di esclusività delle competenze di fine rapporto. L'ente previdenziale e i dipendenti pubblici erano in disaccordo circa il calcolo della indennità di buonuscita: per il primo, né l'indennità di posizione né quella di esclusività potevano trovare spazio nella base di computo della indennità di buonuscita; per i secondi, invece, sia l'una che l'altra dovevano essere incluse nel calcolo. I giudici di merito, sia in primo sia in secondo grado, condividevano la posizione dei dipendenti, in considerazione della possibilità riconosciuta alla contrattazione collettiva di modificare la disciplina legale di riferimento. La Cassazione, invece, cambia parzialmente il verdetto escludendo dalla base di computo l'indennità di posizione e aprendo alla possibilità che l'indennità di esclusività ne faccia parte.

L'indennità di posizione
Quanto all'indennità di posizione, la risoluzione della questione riguarda l'esatta interpretazione dell'articolo 2, comma 9, della legge 335/1995 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), nonché dell'articolo 38 del Dpr 1032/1973, disposizione che individua la base di calcolo dell'indennità di buonuscita per i dipendenti statali. Questa ultima norma fa riferimento allo “stipendio” e ad altre indennità in esso non ricomprese. E questa base di calcolo non è stata modificata dalla legge 335/1995 e da tutte le riforme successive che hanno portato alla privatizzazione del pubblico impiego. Se, dunque, per i lavoratori assunti dalla data di entrata in vigore della riforma (1° gennaio 1996) il trattamento di fine rapporto è regolato dalle disposizioni del codice civile, per i lavoratori assunti precedentemente - come i dipendenti pubblici in questione – si applica la disciplina previgente che non include l'indennità di posizione e che non può essere modificata dalla contrattazione collettiva, la quale «non può interferire in ordine all'inclusione di ulteriori elementi retributivi nella base di computo dell'indennità di buonuscita».

L'indennità di esclusività
Quanto all'indennità di esclusività, indennità cosiddetta De Maria, prevista dall'articolo 31 del Dpr 761/1979, è stata considerata dalla giurisprudenza «una componente del complesso trattamento economico spettante al personale universitario quando svolta attività assistenziale sanitaria e, come tale, utile ai fini assistenziali e previdenziali, in applicazione dell'art. 38 Cost.», la quale può essere riconosciuta solo se collegata all'effettivo conferimento di un incarico direttivo. E nella specie, è necessario ricostruire la concreta attribuzione di tale indennità per ciascuno dei dipendenti, accertamento non eseguito dai giudici di merito.

La sentenza della Corte di cassazione n. 24454/2017

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