Personale

Il cartellino «marcatempo» è l'unico mezzo per accertare la presenza in ufficio del dipendente

di Consuelo Ziggiotto

La magistratura contabile ci ricorda quali sono le regole di correttezza e buona fede richieste al dipendente pubblico nell’assolvimento del suo obbligo di presenza in servizio. La sezione giurisdizionale della Corte dei conti Sardegna si esprime in merito con la sentenza n. 114/2017, condannando un ufficiale del corpo della Polizia municipale a ristorare l’ente datore di lavoro, dal danno erariale prodottosi nell’aver indebitamente percepito la retribuzione contrattualmente prevista, a fronte di una molteplicità di assenze non giustificate.

I doveri del dipendente pubblico
Il tema del danno erariale consistente nel pregiudizio economico subito dall’amministrazione pubblica, del quale è chiamato a rispondere il dipendente che percepisce emolumenti per lavoro dipendente a fronte di ripetute assenze ingiustificate dal servizio, non rappresenta una novità di rilievo. Di particolare interesse sono invece i rinvii operati dal collegio contabile agli specifici obblighi e doveri rimessi al pubblico impiegato, la cui forza cogente, nel rispetto dei fondamentali valori costituzionali miranti ad assicurare “il buon andamento” della pubblica amministrazione, non può ammettere deroghe. Il collegio ricorda quanto già affermato in diverse direttive e circolari della Funzione pubblica, circa l’obbligo di osservanza dell’orario di lavoro da parte del dipendente pubblico, anche di qualifica dirigenziale.

L’orario di lavoro
È un obbligo quello di osservare l’orario di lavoro, trattandosi di un elemento essenziale della prestazione retribuita dalla pubblica amministrazione. Per accertare l’assolvimento di questo obbligo è necessario che l’espletamento dell’orario di lavoro sia documentato mediante controlli di tipo automatico, come disposto dalla normativa vigente in materia. Del resto, appare scontato ed evidente che l’unico modo che il datore di lavoro di ha di accertare il rispetto o meno dell’obbligo di osservanza dell’orario di lavoro è quello di controllare le marcature in entrata e in uscita del lavoratore. Il collegio ricorda che il cartellino segnatempo costituisce l’unico mezzo per accertare la presenza in ufficio del dipendente; parimenti, ogni assenza dello stesso deve poter essere oggettivamente rilevabile, attraverso gli stessi strumenti automatizzati e documentati. Appare persino pleonastico ricordare che la presenza nel luogo di lavoro, insieme alle assenze giustificate, è il parametro cui ancorare la retribuzione. L’obbligo di timbratura, quindi, deriva dall’obbligo di osservare l’orario di lavoro attraverso lo strumento del cartellino marcatempo che rappresenta l’unico strumento di prova della propria presenza in servizio.

Osservazioni finali
Se le premesse partono dal presupposto che il rispetto dei doveri del pubblico dipendente non ammette deroghe, unitamente all’assunto che l’osservanza dell’orario di lavoro può essere accertata solo mediante controlli di tipo automatico, appare alquanto arduo tollerare comportamenti che sono l’evidente rappresentazione di un mancato rispetto di questi principi. Del resto, spostandoci dal piano “normativo” a quello “operativo”, è ragionevole ammettere alcune limitate eccezioni, che vale la pena declinare attraverso lo strumento del “regolamento aziendale” avente carattere strettamente ed esclusivamente privatistico, fermo restando il necessario rispetto del principio affermato dalla prevalente giurisprudenza che esclude la configurabilità in astratto di qualsivoglia automatismo nell’irrogazione di sanzioni disciplinari, permanendo il sindacato giurisdizionale della sanzione rispetto al fatto addebitato. Nessun dubbio circa la riconducibilità della mancata timbratura ad un mancato rispetto degli obblighi di servizio del dipendente.
Alla luce di quanto sopra, si ritiene che la definizione di un numero ipotesi di mancata timbratura “tollerabili” può passare solo attraverso la definizione di una modalità di giustificazione postuma, a fianco di una valutazione circa la possibilità di procedere in via disciplinare nei confronti del dipendente interessato.

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