Personale

Niente demansionamento se il primario non può «usare» la sala operatoria

di Ulderico Izzo

Per il Consiglio di Stato non c’è alcun demansionamento dell’attività del primario che non può operare, in quanto il blocco operatorio è sottoposto a interventi di ristrutturazione. È questo il principio che emerge dalla recente decisione n. 4254/2017.

Il fatto
Dinanzi al Tribunale amministrativo del capoluogo partenopeo, un professore universitario, lamentando l’inattività forzosa causata dalla sospensione del blocco operatorio per l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione del reparto operatorio, ha chiesto il risarcimento del danno patrimoniale, e non, nei confronti dell’Ateneo e dell’Azienda ospedaliera. Il giudizio di primo grado si è concluso con il rigetto della domanda risarcitoria, in quanto l’Azienda ospedaliera ha fornito la prova dell’inevitabilità dell’interruzione dell’attività operatoria, in ragione delle apprezzabili esigenze superiori di svolgimento del servizio operatorio in strutture dotate degli elementi di sicurezza e adeguatezza tecnologica da assicurare attraverso i lavori di ristrutturazione e adeguamento del complesso operatorio.

La decisione
Palazzo Spada, con la pronuncia in rassegna, ha confermato la tesi del giudice di primo grado, evidenziando, altresì, che l’Università, così come l’Azienda ospedaliera, per ciò che riguarda l’organizzazione dell’attività didattica, diagnostica, assistenziale e operatoria, è titolare di poteri pubblicistici e deve tener conto dei vincoli strutturali di conformazione al pubblico interesse. La ristrutturazione edilizia e sanitaria del polo operatorio, disposta dall’Azienda di concerto con l’Università, ha costituito espressione di poteri di natura organizzativa, esercitati per la necessità di dotarsi di sale operatorie sicure e tecnologicamente avanzate, in vista di perseguire l’interesse pubbliche sotteso a garantire ai pazienti servizi più sicuri ed efficienti. Per disporre tale ristrutturazione, le amministrazioni hanno emesso provvedimenti amministrativi, che avrebbero dovuti essere impugnati.

Conclusioni
Dalla sentenza n. 4254 emerge che non vi è stato quel lamentato svuotamento dell’attività lavorativa, anche perché il datore di lavoro ha consentito al primario di esercitare all’interno del polo universitario l’attività diagnostica, assistenziale e didattica in locali che gli sono stati messi a disposizione dall’amministrazione di appartenenza ovvero per dargli modo di eseguire nel frattempo interventi operatori, è stata prevista la possibilità di comandi presso altre strutture, di cui il ricorrente non si è avvalso.

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