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Dirigenti, triplo ostacolo sui redditi online

Sugli obblighi di trasparenza di redditi e patrimoni dei dirigenti pubblici la saga si fa infinita. È quanto si ricava dalla lettura dell’ordinanza 9828/2017 del Tar Lazio (di cui è stata data notizia sul Quotidiano degli enti locali del 22 settembre) che ha sollevato per contrasto con gli articoli 3 comma 2, 13 e 117 comma 1 della Costituzione la questione di legittimità costituzionale delle norme dell’articolo 14, commi 1-bis e 1-ter del Dlgs 33/2013, nella parte in cui prevedono che le Pa pubblichino i dati obbligatori nel caso dei politici (in particolare articolo 14, comma 1, lettere c) ed f) dello stesso decreto) anche per i titolari di incarichi dirigenziali.

La vicenda davati al Tar
Alcuni dirigenti del Garante della Privacy avevano proposto ricorso al Tar per chiedere l’annullamento, previa sospensione, delle note con cui il Segretario generale dell’Autorità aveva richiesto i dati da pubblicare, e ciò «eventualmente previa disapplicazione dell’articolo 14, comma 1-bis» del Dlgs 33 «ovvero, ove ritenuto necessario dal Giudice», la rimessione alla Corte Ue o alla Corte costituzionale. La sezione aveva concesso la sospensiva ritenendo «consistenti» le «questioni di costituzionalità e di compatibilità con le norme di diritto comunitario sollevate in ricorso» e «irreparabile» il «danno paventato dai ricorrenti». Anac, pochi giorni dopo l’ordinanza cautelare, aveva pubblicato le Linee guida sull’attuazione dell’articolo 14 (determina 241/2017 dell’8 marzo), senza fare alcun riferimento alla decisione del Tar, salvo poi (con delibera 382/2017 del 17 aprile) sospenderne l’applicazione limitatamente alle indicazioni relative all’applicazione degli obblighi di pubblicazione di compensi e patrimoni (lettere c ed f dell’articolo 14) per tutti i dirigenti pubblici, compresi quelli del servizio sanitario.

La posizione dell’Anac
Con la comunicazione del Presidente del 17 maggio, l’Anac ha confermato l’operatività degli obblighi di pubblicazione da parte delle Pa previsti dal comma 1-ter dell’articolo 14. Ora la storia si arricchisce di un altro capitolo perché i dubbi già espressi nelle precedenti occasioni trovano puntuale indicazione nella nuova ordinanza. Le motivazioni principali si fondano sul contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, principio di uguaglianza formale e sostanziale (nel duplice profilo dell’irragionevole parità di trattamento prevista dalla norma tra titolari di incarichi politici e dirigenti, e della parificazione tra tutti gli stessi dirigenti) e con gli articoli 2 e 13 (diritti inviolabili dell’uomo e libertà personale), vista la prescrizione imposta ai dirigenti di comunicare i dati desunti dalla dichiarazione dei redditi, invece che una loro ragionata elaborazione per scongiurare la diffusione di dati sensibili o superflui ai fini perseguiti dalla norma oppure suscettibili di interpretazioni distorte. Il Tar ha esteso d’ufficio lo scrutinio della Consulta al comma 1-ter dell’articolo 14, divergendo palesemente quindi dall’opinione espressa da Anac con il comunicato del 17 maggio. La non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità del comma 1-ter è dovuta al fatto che l’oggetto della pubblicazione costituisce un dato aggregato contenente le stesse informazioni previste dal comma 1, lettera c). La questione sollevata dimostra la complessità e la delicatezza delle questioni legate alla diffusione indiscriminata di dati grazie ai sistemi tecnologici.

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