Personale

«No» al passaggio automatico di personale da una società in house a un ente pubblico

di Michele Nico

Il transito automatico del personale di una società in house nell'organico di un ente pubblico è illegittimo per violazione del principio sancito all'articolo 97 della Costituzione, secondo cui agli impieghi della Pa si accede soltanto per concorso.

Il fatto
Con la deliberazione n. 10/2017/PAR della Sezione di controllo per la Valle d'Aosta la Corte dei conti ritorna su questo tema alla luce dell'articolo 19, comma 8, del Dlgs n. 175/2016 (testo unico sulle società a partecipazione pubblica), che conferma l'interpretazione restrittiva dell'articolo 31 del Dlgs n. 165/2001, recante le norme generali sul pubblico impiego, secondo cui «nel caso di trasferimento o conferimento di attività, svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti si applica l'articolo 2112 del codice civile e si osservano le procedure di informazione e di consultazione di cui all'articolo 47, commi da 1 a 4, della legge 29 dicembre 1990, n. 428».
Il parere prende le mosse dal quesito posto alla Sezione dal Comune di Aosta, alle prese con l'attuazione di un accordo di programma sottoscritto con la Regione per trasferire la gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica dalla società in house partecipata dal Comune stesso a un'azienda regionale operante nel settore, con l'obiettivo di migliorare l'efficienza gestionale e ridurre i costi dei servizi.
In tale contesto, il Sindaco dell'ente locale interpella i giudici per sapere quale sia la disciplina da applicare al personale dipendente della società in house che, secondo le intese, dovrebbe transitare all'azienda regionale per l'edilizia residenziale.

No al trasferimento diretto
La Corte rileva innanzitutto che va esclusa la legittimità di un processo di internalizzazione che preveda il passaggio automatico dall'impiego privato in una società partecipata a quello alle dipendenze di una Pa, perché in tal modo «si aggirerebbe la regola che condiziona l'acquisizione dello statuto giuridico di dipendente pubblico all'espletamento di un concorso pubblico».
A sostegno di ciò la Sezione evoca numerosi precedenti giurisprudenziali, primo fra tutti la sentenza n. 62/2012 con cui la Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Puglia che, nell'ambito del progetto (poi non realizzato) di trasformazione dell'Acquedotto Pugliese Spa in un'azienda pubblica, disponeva il transito generalizzato del personale dall'una all'altra forma organizzativa.
L'orientamento restrittivo in ordine alla sfera di applicazione dell'articolo 31 del Dlgs n. 165/2001 è stato poi ribadito dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 227/2013 e n. 167/2013, che hanno escluso la possibilità di trasferimento diretto del personale nei ruoli delle amministrazioni controllanti anche per i dipendenti delle società in house.
In sostanza, il divieto di elusione del principio del reclutamento del personale mediante pubblico fa ritenere che nella Pa l'articolo 2112 del codice civile – là dove la norma prevede una peculiare forma di tutela del lavoratore privato, allorché l'azienda ove questi è impiegato sia oggetto di cessione ad altro titolare – può applicarsi esclusivamente:
a) in presenza di un processo di esternalizzazione che abbia per oggetto «un'entità dotata di autonomia ed unitaria organizzazione» identificabile come ramo d'azienda;
b) soltanto “a senso unico”, ossia rispetto al trasferimento di attività e al passaggio di personale dall'ente pubblico all'ente privato, e non viceversa.

La reinternalizzazione di funzioni
In linea con queste indicazioni, la Sezione Valle d'Aosta nega che la partecipazione totalitaria di un ente pubblico al capitale sociale possa attribuire natura pubblicistica alla società in house (o consentire di equipararla a un organo della pubblica amministrazione), con la conseguente illegittimità della previsione di un passaggio di personale da un ente privato, anche se in mano pubblica, al ruolo regionale.
Ciò trova conferma nell'articolo 19, comma 8, del testo unico sulle partecipate (Dlgs n. 175/2016) ove il legislatore, occupandosi della questione relativa al personale nel processo di reinternalizzazione di funzioni o servizi, consente il riassorbimento del personale in servizio presso la società controllata solamente nel caso di lavoratori a tempo indeterminato provenienti dalla Pa «nel rispetto dei vincoli in materia di finanza pubblica e contenimento delle spese di personale», nonché «nei limiti dei posti vacanti nelle dotazioni organiche dell'amministrazione interessata e nell'ambito delle facoltà assunzionali disponibili».
Va detto che la posizione dei giudici contabili viene temperata, nel caso di specie, dall'incerta natura giuridica dell'azienda di derivazione regionale coinvolta nella complessa operazione, perché se tale azienda – quale organismo strumentale “sui generis” derivante da un soppresso Iacp – non fosse riconducibile alla tipologia delle pubbliche amministrazioni, in tal caso gli ostacoli al transito del personale dalla società all'azienda in questione potrebbero sciogliersi come neve al sole.

La deliberazione della Corte dei conti Valle d'Aosta n. 10/2017/PAR

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