Personale

Il Tar rinvia alla Consulta la soppressione del Corpo Forestale dello Stato

di Andrea Alberto Moramarco

Sarà la Corte costituzionale a decidere sulla legittimità della soppressione del Corpo Forestale dello Stato, nonché sul conseguente assorbimento del personale nell'Arma dei Carabinieri e nelle altre Forze di polizia ad ordinamento militare. A rimettere la questione alla Consulta è il Tar di Pescara che, con l'ordinanza 235 del 16 agosto scorso, ha ritenuto rilevanti e non manifestamente infondate le plurime censure rivolte dal ricorso di un vice sovrintendente, trasferito nell'Arma dei Carabinieri, contro la legge delega e il decreto attuativo sul riordino delle Amministrazioni pubbliche e soppressione del Corpo Forestale dello Stato.

Il caso
La questione arrivava all'attenzione dei giudici amministrativi in seguito all'impugnazione da parte del sovrintendente del decreto del capo del Corpo forestale dello Stato con il quale veniva disposta la sua assegnazione all'Arma dei Carabinieri. Il ricorrente non accettava tale assegnazione volendo continuare a operare all'interno del disciolto Corpo Forestale, ovvero in alternativa non confluire in una forza di Polizia ad ordinamento militare. Di qui una lunga serie di censure di legittimità, sia contro la legge 124/2015, recante deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, sia contro il Dlgs 177/2016, recante disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato, vertenti, in sostanza, su due grandi aspetti: la militarizzazione del Corpo forestale e la violazione del principio di autodeterminazione del personale, non completamente libero nella scelta del passaggio all'Arma dei Carabinieri.

La soppressione del Corpo forestale dello Stato
Il Tar abruzzese condivide le critiche mosse dal ricorrente e ripercorre l'iter che ha portato alla soppressione del Corpo forestale. Con l'articolo 8 della legge 124/2015 il legislatore aveva disposto la riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato ed il suo eventuale assorbimento del medesimo in altra Forza di polizia, con «salvaguardia delle professionalità esistenti, delle specialità e dell'unitarietà delle funzioni da attribuire, assicurando la necessaria corrispondenza tra le funzioni trasferite e il transito del relativo personale».
Con gli articoli 7 e seguenti del Dlgs 177/2016 il Governo ha conseguentemente disposto l'assorbimento del Corpo Forestale nell'Arma dei Carabinieri, facendo confluire in quest'ultima quasi tutte le sue funzioni e il personale a esse preposto, disciplinando altresì le modalità del transito del personale, con la previsione che la rinuncia all'assegnazione nell'Arma dei Carabinieri comporti una procedura di mobilità e collocamento in disponibilità.

Le questioni di legittimità costituzionale
Il quadro normativo sembrerebbe contrastare con gli articoli 2 e 4 della Costituzione. In primo luogo, sotto il profilo della violazione della libertà di autodeterminazione del personale del disciolto Corpo forestale. La previsione della mobilità in caso di rifiuto del passaggio nei Carabinieri, infatti, determinerebbe «un sicuro peggioramento delle condizioni giuridiche ed economiche del rapporto di lavoro», o perlomeno «l'incertezza e il conseguente rischio di esporsi a una tale procedura». Sarebbero pochi per tale motivo - si sottolinea nell'ordinanza – coloro che hanno deciso di non accettare il transito nella Forza di Polizia per essi designata: «la scelta della gran parte del personale di non tentare l'insidiosa e incerta strada della mobilità non appare pertanto frutto di volontà libera da coazione, quanto piuttosto verosimilmente» dettata dall'esigenza di non mettere a rischio le «proprie condizioni lavorative ed economiche, e quindi indirettamente anche familiari».
In secondo luogo, poi, la scelta governativa di far transitare il personale del Corpo forestale nell'Arma dei Carabinieri, ovvero di «militarizzare il personale del disciolto Corpo Forestale» non sarebbe proporzionale allo scopo della normativa, nonché «in netta controtendenza rispetto ai principi generali del nostro ordinamento e alle linee evolutive di questo nel tempo», tendenti più ad un processo di smilitarizzazione delle Forze di polizie e non viceversa. E sul punto – si sottolinea nell'ordinanza - nulla nella legge delega «consentiva al Governo di ritenersi espressamente autorizzato a “militarizzare” il personale», ovvero «mutare la condizione di quanti vogliono continuare a svolgere le pregresse funzioni e a esercitare tali professionalità». Né tantomeno la “militarizzazione” si poneva come scelta obbligata o rinvenibile implicitamente nei criteri della legge delega. In sostanza, così optando il Governo ha innovato i«n modo radicale l'ordinamento preesistente senza puntuale delega e a fronte di altre soluzioni possibili e meglio rispondenti alla tradizione normativa e ai principi generali dell'ordinamento stesso».

L’ordinanza del Tar Pescara n. 235/2017

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