Personale

L’abuso di contratti a tempo del Comune non è sanzionabile con le 15 mensilità per mancata reintegra

di Paola Rossi

In caso di abuso del ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato da parte di un’amministrazione, il dipendente pubblico ha diritto al risarcimento del danno previsto dall'articolo 36, comma 5, del Dlgs 165/2001 con esonero dell'onere probatorio, ma anche del danno da perdita di chance di cui deve, invece, fornire la prova. Così la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 17100/2017 depositata ieri ha accolto in parte il ricorso di un Comune che era stato condannato a corrispondere 15 mensilità al dipendente a titolo di risarcimento commisurato alla mancata reintegra nel posto di lavoro.

La clausola di durata
Nella decisione della Cassazione viene al contrario respinto al mittente il motivo con cui il Comune voleva sostenere che l’apposizione della clausola di durata risultava giustificata col generico riferimento alle esigenze di funzionamento degli asili nido, dove la dipendente rivestiva il ruolo di educatrice. La Cassazione spiega, infatti, che la clausola deve essre specifica nel far emergere le esigenze temporanee che giustificano il contratto a termine. Nella vicenda di fatto l’educatrice svolgeva in continuità e stabilmente per molti anni il proprio lavoro senza alcun legame con le assenze del personale di ruolo.

Il danno automatico
Il danno che viene risarcito automaticamente a fronte del comportamento abusivo del datore di lavoro pubblico non soggiace, appunto, all’onere della prova e va riconosciuto nella misura pari a un'indennità onnicomprensiva, tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto. Quindi, come fa rilevare la Cassazione, la fissazione del danno mutuata dallo Statuto dei lavoratori in caso di mancata reintegra del lavoratore illegittimamente licenziato non è applicabile al rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato. Al contrario l’automatismo previsto dalla legge 183/2010 risponde anche e soprattutto a disincentivare e punire, con l’obbligo di corrispondere un indennizzo, il comportamento abusivo della pubblica amministrazione, a cui non può essere accollato l’obbligo dell’assunzione a tempo indeterminato, che costituirebbe di fatto un danno erariale.

La perdita di chance
La Cassazione fonda totalmente l’ordinanza sulla giurisprudenza emersa soprattutto nel 2016 che ha affermato come il lavoratore pubblico (a differenza del privato) abbia diritto a «tutto il risarcimento del danno». L’automatismo agevola la prova del danno da parte del lavoratore pubblico a termine e apre però alla prova del danno da perdita di chance patito. Non gli è quindi precluso provare di aver perso occasioni di lavoro o di aver speso troppe energie nel rapporto di lavoro illegittimamente instaurato con la pubblica amministrazione. Quindi sì alla perdita di chance da ristorare economicamente, ma no all’indennità per mancata reintegra come misura del danno risarcibile.

L’ordinanza della Corte di cassazione n. 17100/2017

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