Personale

Obbligo di tutela e risarcimento quando è a rischio l’integrità «fisica e morale» del dipendente pubblico

di Ulderico Izzo

L'articolo 2087 del Codice civile stabilisce obblighi di protezione da parte del datore di lavoro, sia esso pubblico o privato: la tutela dell'integrità fisica e della personalità morale del prestatore di lavoro si traduce dunque nell'assunzione di obblighi di protezione, autonomi e accessori alla prestazione, la cui violazione, oltre a dover coerentemente essere ascritta alla responsabilità contrattuale del datore di lavoro, prescinde dall'esatta esecuzione della prestazione principale. È questo il preponderante principio che emerge dalla sentenza del Consiglio di Stato 2159/2017.

Il fatto
Un ricercatore universitario lamentando comportamenti discriminatori e vessatori assunti dall'Ateneo nei suoi confronti, ha chiesto la condanna dell'Università al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale quantificato complessivamente nell'importo di 300mila euro, sulla base di una serie di episodi di persecuzione, individuando nominalmente gli autori delle condotte riconducibili all'Ateneo, che avrebbero comportato un ingiusto danno professionale, morale ed esistenziale, integrando gli estremi del cosiddetto mobbing.
Il Tar, dopo la riassunzione del giudizio avvenuta per effetto di una precedente sentenza del Consiglio di Stato che decideva in punto di giurisdizione, respingeva nel merito la richiesta risarcitoria.
Il Consiglio di Stato, invece, con la decisione in rassegna accoglie la domanda solo in ordine alla richiesta di risarcimento del danno patrimoniale, respingendo quella inerente il danno non patrimoniale e il danno da mobbing.

La decisione
La sentenza dispone di porre a carico del datore di lavoro il risarcimento del danno patrimoniale, ponendo l'accento sugli obblighi di protezione che gravano sullo stesso datore, sia esso pubblico, sia esso privato. Infatti, per il Consiglio di Stato la tutela dell'integrità fisica e della personalità morale del prestatore di lavoro si traduce nell'assunzione di obblighi di protezione, la cui violazione, oltre a dover coerentemente essere ascritta alla responsabilità contrattuale del datore di lavoro, prescinde dall'esatta esecuzione della prestazione principale.
Per il giudice amministrativo, la proposta azione in termini di responsabilità contrattuale, determina il risarcimento del danno, il cui onere della prova è a carico del datore di lavoro e non a carico del lavoratore.
La sentenza, inoltre esclude il risarcimento di danno non patrimoniale, nella duplice veste come qui dedotta dal ricorrente di danno biologico ed esistenziale in quanto non provato: mentre il risarcimento del danno biologico è subordinato all'esistenza di una lesione dell'integrità psico-fisica medicalmente accertabile, il danno esistenziale deve essere dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall'ordinamento, assumendo peraltro precipuo rilievo la prova per presunzioni.
Inoltre, neanche il ristoro da danno da mobbing è stato riconosciuto in quanto l'illegittimità degli atti amministrativi impugnati non è ex se sufficiente a dimostrare la sussistenza di una complessiva condotta mobbizzante consapevolmente perpetrata dal datore di lavoro in danno del lavoratore.
La pretesa risarcitoria deve essere provata e documentata, altrimenti si rischia di avere una pronuncia non soddisfacente.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 2159/2017

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