Personale

Aspettativa non retribuita per i dottorati ante 2002

di Andrea Alberto Moramarco

Al dipendente pubblico ammesso a dottorati di ricerca non spetta alcun trattamento retributivo per i periodi precedenti al gennaio 2002, ma solo per i periodi successivi a tale data, ovvero all'entrata in vigore della legge Finanziaria del 2002 che ha sostituito l'aspettativa senza retribuzione con la conservazione del trattamento economico, a condizione della prosecuzione almeno per due anni del rapporto di lavoro. Ad affermarlo è la Sezione lavoro della Cassazione con la sentenza n. 10695, depositata ieri, secondo la quale il diverso quadro normativo e la portata derogatoria della norma che consente la retribuzione anche senza l'attività lavorativa non possono essere applicate retroattivamente.

I fatti
Protagonista della vicenda è un dipendente del Miur che aveva svolto dal novembre 2000 all'ottobre del 2003 un dottorato di ricerca triennale, senza borsa e con la proroga di un anno necessaria per il completamento della tesi. Il dottorando aveva chiesto al proprio Ministero il pagamento della retribuzione per tutto il periodo di studi, in base a quanto previsto dall'articolo 2 della legge 476/1984 (Norma in materia di borse di studio e dottorato di ricerca nelle Università), così come modificato dall'articolo 52 comma 57 della legge 448/2001 (legge Finanziaria 2002), ricevendo però risposta negativa. Di qui la questione arrivava dinanzi ai giudici di merito per i quali l'Amministrazione doveva pagare la retribuzione al proprio dipendente solo per i 3 anni previsti dal dottorato e non anche per quello ulteriore di proroga.

Le motivazioni
La Cassazione adotta però una soluzione differente alla luce del fatto che la normativa invocata dall'allora dottorando è intervenuta durante il suo percorso di formazione entrando in vigore a partire da gennaio 2002. La Corte spiega, innanzitutto, che la normativa originaria che ha consentito ai pubblici dipendenti il congedo straordinario per motivi di studio non prevedeva alcun trattamento economico in favore del dipendente dottorando, ma soltanto la valutazione del periodo di congedo ai fini della progressione di carriera e del trattamento di quiescenza previdenziale. Con la modifica di fine 2001, invece, il legislatore ha scelto di far conservare al dipendente dottorando anche il trattamento economico, a condizione della prosecuzione almeno per due anni del rapporto di lavoro con l'Amministrazione di appartenenza dopo il conseguimento del titolo di studio.
La scelta del legislatore del 2001, osservano i giudici, deve essere letta in considerazione del fatto che la possibilità di seguire un corso di dottorato senza borsa di studio è stata introdotta solo con il D.m. 224/1999 a far data dal gennaio 2000 e, quindi, solo in seguito a tale data si è potuto prevedere il diritto del dipendente pubblico a ricevere ugualmente il trattamento economico. La possibilità concessa ai propri dipendenti di «incentivare il proprio bagaglio culturale», conseguendo un dottorato di ricerca e mantenendo la retribuzione, è bilanciata dal fatto che la stessa Amministrazione usufruisce del rafforzamento delle conoscenze accademiche e culturali del dipendente, perlomeno per un biennio. In altri termini, il legislatore ha «ritenuto di contemperare il diritto allo studio del pubblico dipendente con l'interesse della pubblica amministrazione stabilendo, da una parte, l'incondizionata erogazione di un emolumento economico» e, dall'altra, «una condizione di stabilità del rapporto di pubblico impiego». In sostanza, afferma la Corte, il mutamento del quadro giuridico, nonché la portata derogatoria al principio generale che lega gli emolumenti all'attività lavorativa impiegata, giustificano la «diversità di disciplina dei congedi straordinari per lo svolgimento di corsi di dottorato prima e dopo il gennaio 2002».

La sentenza della Corte di cassazione n. 10695/2017

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