Personale

Sul lavoro pubblico una riforma che guarda al passato

di Francesco Verbaro

Lo schema di decreto legislativo adottato dal Governo in materia di pubblico impiego viene definito come «decreto di riforma» della Pa. Non senza qualche velleità, soprattutto se si tiene conto della complessità dei problemi che si registrano da anni nel settore pubblico e delle sfide che abbiamo davanti.
Analizzando lo schema di decreto legislativo in materia di lavoro pubblico, emergono due caratteristiche di significato che è utile evidenziare. Da un lato il testo affronta tematiche mediaticamente sensibili, come il procedimento disciplinare e l'assenteismo; dall'altro lato introduce dei correttivi al Dlgs 150/2009 (decreto Brunetta), ridando spazio e forza alla fonte contrattuale.

Assenteismo
Sull'assenteismo e sul disciplinare si torna su temi «classici». Temi vecchi che non sono mai stati correttamente affrontati o tanto meno risolti, e che i media hanno riportato in auge. Le nuove tecnologie e il clima di insofferenza nei confronti del settore pubblico consentono oggi di rivelare più facilmente certi fenomeni patologici, che non possono essere certamente affrontati per legge, semplicemente inasprendo le sanzioni.
È certamente triste notare come nel lavoro «privato» si discuta su come disciplinare il nuovo lavoro (Ddl lavoro agile), che mal tollera i vincoli su tempo e luogo della prestazione, mentre nel «pubblico» si sta ancora lottando per assicurare la presenza in ufficio dei dipendenti.
Con riferimento al rapporto tra le fonti (legge e contratto), vi è una certa preoccupazione tra i dirigenti per il rischio di ridurre ancora una volta il peso del potere datoriale e di rendere complesse e meno trasparenti le forme di relazioni sindacali, che da anni rendono farraginosa e onerosa la gestione delle risorse umane nella Pa. Saprà la contrattazione collettiva riscattarsi e far dimenticare il passato?

La stabilizzazione di lavoratori flessibili
Il testo inoltre riapre una ulteriore stagione di stabilizzazione di lavoratori flessibili, la terza dal 2006, che non farà altro che peggiorare il cattivo reclutamento delle nostre pubbliche amministrazioni. Il reclutamento dei prossimi anni, dopo aver ricollocato il personale delle Province in mobilità, si occuperà prevalentemente di “stabilizzare” i lavoratori flessibili degli ultimi 8 anni e non di reclutare le competenze necessarie per i prossimi 30 anni.
Un errore quindi rispetto al triste primato nell'avere i dipendenti pubblici più vecchi dei paesi Ocse. Nei prossimi dieci anni il settore pubblico perderà un milione di dipendenti e al contempo dovrà ridisegnare le proprie strutture rispetto alla sfida, ad esempio, di riforma del welfare state. Il riordino del testo unico sul lavoro pubblico è incentrato ancora su temi del passato. Di reinventare lo Stato, cioè del presente e del futuro non vi è traccia.

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